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CLES 2025: L’OPERAZIONE ASCOLTO È TERMINATA. E ADESSO?

Da Paola Demagri 23 Dicembre 2024

Sin dalle prime settimane di questo 2024 un gruppo spontaneo di cittadini di Cles impegnati nei campi professionali e di volontariato più disparati si sono incontrati poiché accomunati dal desiderio di predisporre una proposta amministrativa alternativa alla guida del Comune di Cles.

Le elezioni comunali si terranno il prossimo 4 maggio 2025, al termine di un decennio guidato dall’attuale, stessa amministrazione comunale. La proposta è dunque quella di un’alternativa che possa sostituirla partendo dal basso, in modo partecipativo.

Lo testimonia Elia Bettelli, referente delle Liste Civiche e coordinatore dei lavori: “Quando siamo partiti a gennaio per incontrarci e provare a proiettare il nostro pensiero verso il futuro, ci eravamo dati degli obiettivi: essere innovativi, inclusivi, coinvolgenti per un nuovo modo di fare politica e rappresentare l’Amministrazione. In quel primo step ci siamo riusciti, il feedback è positivo.”

Così è nata l’Operazione Ascolto, una serie di otto serate che ha coinvolto tutte le aree di Cles, identificate e riconosciute come rioni, i cuori pulsanti e recettivi del Capoluogo di vallata. 

Chi ha gestito in prima persona gli incontri può trasmettere in termini molto chiari lo spirito ed il senso dell’iniziativa. A tal proposito, ad esempio, Massimiliano Stringari, commerciante ha dichiarato: “Il metodo partecipativo è stato molto impegnativo, ma ci ha permesso di ascoltare tutte le voci. E’ un compito che porteremo avanti e sarà uno degli strumenti che ci consentirà di ridurre la forbice tra amministrazione e cittadini, che ora è fin troppo ampia.”

Lorenza Pilloni, insegnante aggiunge: “Dalle serate sono nate disponibilità anche a costruire le liste, intendo candidati che hanno apprezzato il nostro progetto.” Infine Roberto Lorengo, tecnico telecomunicazioni: “Sono un grande sostenitore della staffetta generazionale ed è per questo che mi sono appassionato a questo percorso. È un modello che prevede adesione, collaborazione, compartecipazione e responsabilità. Un nuovo modo di fare politica amministrativa per la comunità clesiana. Ai nostri cittadini interessa? Pare proprio di sì, perché ci hanno chiesto di riproporre altre serate, altri incontri, e soprattutto hanno chiesto di farlo successivamente, se saremo i futuri amministratori del comune.”

Le serate sono dunque diventate un nuovo metodo per provare a crescere insieme. 

Ai convenuti è stato chiesto di indossare occhiali e abiti diversi dai propri, di guardare al futuro, non solo ai sogni, ma alle idee concretizzabili per una Cles migliore. Una Città che diventi più interessante per residenti, lavoratori, turisti e per chi la sceglie come meta di passaggio o di sosta.

Gli incontri si sono caratterizzati per grande numero di presenze, disponibilità a un dibattito aperto e costruttivo e rispetto reciproco. Sono state affrontate le tematiche complesse che più nei cittadini suscitano disagio e perplessità anche riguardo alle scelte amministrative fatte finora. Quanto emerso è stato trascritto e, alla fine di ogni serata, riproposto al pubblico per verifica. Il Gruppo di ascolto ha elaborato le indicazioni raccolte in un testo che costituirà la base del prossimo programma politico comunale redatto proprio a partire dai dati di “sentimento” collettivo. Tra gli intervenuti, ad esempio, è diffusa una sensazione di trascuratezza, di spazi pubblici poco curati, di verde urbano gestito male, nonostante l’estetica generale del paese ne abbia bisogno. I cittadini considerano il loro rapporto con il Comune come un bisogno importante che l’attuale amministrazione restituisce in maniera piuttosto insoddisfacente. Avvertono l’assenza di un senso di appartenenza ad una specifica comunità. Sorprendentemente, lamentano la decadenza di aggregazione e sviluppo della socialità, nonostante le numerose associazioni e volontari presenti in paese. Non mancano poi le preoccupazioni legate alla viabilità, all’intermodalità, al commercio in sofferenza e a una Cles che appare poco attrattiva. C’è infine necessità di dare maggiore importanza allo sport e al tempo libero e ai servizi di conciliazione, soprattutto per una nuova manodopera necessaria per alcune attività locali fondamentali per la nostra economia.

Queste sono alcune delle questioni che affliggono i cittadini e per le quali è richiesto un cambio di passo. 

Prossimi step? Sono già iniziati gli incontri con i rappresentanti di categoria e già fissati anche quelli con società sportive, commercianti, agricoltura, volontariato e artigianato. Per ulteriori momenti di confronto, il gruppo promotore dell’Operazione Ascolto rimarrà a disposizione anche in modalità digitale all’indirizzo telematico innoviamocles@gmail.com. 

Il futuro di Cles parte da tutti noi – insieme – per costruire una comunità più forte e inclusiva.

23 Dicembre 2024 0 Commenti
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Accordo ottenuto dall’Alleanza Democratica Autonomista a favore di famiglie, sanità e casa  

Da Paola Demagri 17 Dicembre 2024

Dopo due giorni di intense trattative con la Giunta, le minoranze hanno ottenuto innanzitutto il ritiro dell’emendamento sul transito di mezzi a motore sui demani sciabili e quello sul transito sulle strade di arroccamento per la caccia al cervo.

L’Alleanza Democratica Autonomista può dirsi soddisfatta della chiusura dell’accordo con la Giunta che ha visto riconosciute diverse proposte, alcune riformulate:   

conciliazione familiare:

aumentata a 0,50 la soglia ICEF per l’accesso ai buoni di servizio per servizi di conciliazione (1,2 milioni/anno); 

ampliamento dei requisiti di accesso al supporto delle libero professioniste in maternità (500.000 euro/anno);   

natalità: 

reso strutturale l’assegno di natalità per i figli fino ai tre anni (6.975.000 euro/anno a regime);  

sanità:

borse di studio integrativa per tutti i posti banditi alla Scuola di Medicina generale, anche per i non residenti, come misura di attrattività, vista la carenza di iscrizioni. Istituite altre cinque borse integrative per trentini iscritti fuori Regione. Tutte le borse vincolate ad esercitare per due anni in Trentino (a regime 990.000 euro/anno);  

casa:

nella revisione del regolamento dell’edilizia abitativa pubblica si terrà conto dell’incremento del costo della vita rispetto agli incrementi salariali ed entro marzo si presenteranno al Comitato provinciale sulla condizione abitativa le direttrici di riforma del regolamento (odg).  

Alleanza democratica Autonomista

17 Dicembre 2024 0 Commenti
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Sarà il FaBER la cura della scuola?

Da Paola Demagri 26 Novembre 2024

intervento di Luigi Panizza

Ho letto in questi giorni sui vari mezzi di comunicazione che l’assessore all’istruzione Gerosa con l’anno scolastico 2025-2026 vuole istituire nei vari Istituti Scolastici una nuova figura scolastica che si chiamerebbe FaBER cioè “Facilitatore del Benessere Emotivo e Relazionale” che avrebbe il compito appunto di “promuovere il benessere emotivo e relazionale degli studenti, favorendo resilienza, apprendimento e relazioni positive”. Premesso tutto questo mi permetto da ex insegnante e preside di Scuola Media di fare alcune considerazioni.

Che sia in atto e diffuso un disagio giovanile preoccupante lo dimostrano i fatti e le cronache oltre ai rilievi concreti fatti dal personale direttivo e docente della Scuola e dai genitori stessi. Prenderne atto è senz’altro doveroso, ma non basta. Come per analogia con la salute fisica è importante prendere atto del disturbo fisico che si fa sentire e quindi andare dal medico che prescrive la cura e nello stesso tempo cerca di individuare le possibili cause perché il disturbo, o la malattia non si ripetano, Così si dovrebbe fare con i disturbi psicologici giovanili. E’ giusto intervenire tempestivamente.

Ma chi? Chi può essere il competente nella scuola? Come non ci si improvvisa medico così non ci si improvvisa “FaBER”. Si può con 27 ore di corso, come prevederebbe la legge, diventare esperti per assumere ruoli e competenze che richiedono anni di studio e preparazione? Se posso continuare  con l’analogia di cui sopra sarebbe come affidare il compito dell’intervento per la salute fisica ad un improvvisato  guaritore. Il pericolo è quello di causare più danni che ottenere vantaggi. Infatti, se chi si sottovaluta non sfrutta a sufficienza le proprie capacità e competenze, ma chi si sopravvaluta corre il pericolo di fare danni o per lo meno di non raggiungere gli obiettivi che si propone. Pensando all’eccezionale importanza e delicatezza del problema del disagio giovanile odierno a maggior ragione vanno ricercati strumenti e mezzi adeguati, non certo con 27 ore di corso. Anche la nuova assessora all’Istruzione vuol realizzare nell’ambito educativo- psicologico quanto non è riuscito a realizzare in altri ambiti (esperto, ricercatore, delegato all’organizzazione) il suo predecessore.  Si sta ripetendo, pedissequamente,  ciò che è già accaduto. Se è lodevole porre il problema e cercarne la soluzione, ritengo tuttavia, troppo superficiale e inadeguato, lo strumento proposto per affrontarlo. Piuttosto che sprecare il denaro nella proposta in corso ritengo più utile coinvolgere genitori e docenti con esperti psicologi e pedagogisti per sensibilizzare sulla problematica ed individuare mezzi e strumenti, il più possibile adeguati, alla complessità ed importanza del problema. Qualora si insistesse sulla nuova figura, che si vuole istituire, ci sono gli specialisti del settore che sono gli psicologi. Ad ognuno la sua competenza per raggiungere gli obiettivi che si vogliono realizzare.

La preoccupazione deve essere quella di far le cose, sì, prima possibile, ma anche perbene, e dopo aver seguito un percorso che possa garantire il successo con le persone giuste. E non è certo male dopo aver individuato, come per l’ammalato la cura, ricercare anche le cause di quanto sta accadendo. E’ certo che i nati in questi anni non sono diversi dai nati precedentemente. Non si nasce col disagio, il disagio nasce e trova il suo terreno fertile soprattutto nelle esperienze negative che fanno i disagiati o le disagiate nell’ambito familiare e, o, nel contesto sociale.

La crisi di valori, principi ed ideali  offre un terreno favorevole alla nascita del disagio giovanile.  Il tutto e subito, i modelli negativi offerti dai mezzi di comunicazione non concorrono certo a rafforzare il carattere della persona per affrontare le inevitabili difficoltà che la vita riserva ad ognuno, già in età giovanile. Concludo  consigliando l’assessora Gerosa a riflettere su quanto hanno detto in questo periodo persone competenti che dissentono da quanto l’assessora va proponendo. L’innovazione non è di per sé migliorativa, ma può essere anche peggiorativa, anche se, in tal caso, non è certamente nelle buone intenzioni di chi la propone.  Tanto ho scritto, non certo per motivi politici, ma solo per contribuire al bene degli utenti della scuola.

26 Novembre 2024 0 Commenti
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Ricorso al privato, Sanità 4.0 e NOT, basteranno a colmare le precarietà del sistema sanitario trentino?

Da Paola Demagri 12 Novembre 2024

Che l’insoddisfazione verso il servizio sanitario locale regni sovrana, è fatto notorio. Sembra quasi che l’Autonomia statutaria della quale siamo dotati nulla abbia potuto contro un declino sempre più palese. Da qualche anno, la situazione sembra piuttosto peggiorare. Nemmeno il ricorso ai privati, nel tentativo di recuperare liste d’attesa drammaticamente inevase, ha dato i risultati sperati.  

Nel frattempo, tuttavia, il sistema medico non è rimasto a guardare cercando da sempre comunque, di adottare le migliori pratiche che la comunità scientifica internazionale mette a nostra disposizione. Un esempio tra tutti: si tratta di un nuovo metodo per gestire la riabilitazione post-operatoria di protesi totale al ginocchio. Nonostante la cronaca abbia rilevato qualche lieve preoccupazione di natura politica, la scienza può senz’altro affermare che le scelte attuali in materia di riabilitazione sono il risultato di analisi approfondite e di evidenze consolidate e non certo di una mera riduzione dei servizi disponibili.

Il passaggio verso un modello di riabilitazione ambulatoriale non rappresenta una diminuzione della qualità dell’assistenza, ma un tentativo di rispondere in modo più efficiente alle esigenze di un sistema sanitario in evoluzione. Le ricerche dimostrano infatti che la riabilitazione ambulatoriale può essere altrettanto efficace, se non di più, rispetto alla riabilitazione in degenza, specialmente per pazienti con condizioni generali favorevoli e un adeguato supporto sociale. Questo approccio consente di liberare risorse ospedaliere per i pazienti che necessitano di cure più intensive, contribuendo a un utilizzo più equo e sostenibile delle risorse sanitarie.

Inoltre, l’adozione di un modello riabilitativo “esterno” permette di soddisfare con maggiore rapidità la crescente domanda di interventi protesici, un’esigenza in costante aumento a causa dell’invecchiamento della popolazione e della maggiore attività fisica. Questo approccio non solo migliora l’efficienza del sistema sanitario, ma consente anche ai pazienti di ricevere cure in tempi più brevi, garantendo un recupero più rapido. La riduzione della degenza in ambienti promiscui contribuisce inoltre a diminuire il rischio di infezioni nosocomiali complicanze legate all’ospedalizzazione. 

La riabilitazione ambulatoriale, studi alla mano, offre risultati migliori in termini di soddisfazione del paziente e suo recupero funzionale rispetto alla riabilitazione in degenza (Vogt et al., 2020; Kellett et al., 2019; Ustead et al., 2020).

Certo, è essenziale che i pazienti siano informati sulle potenzialità di queste nuove modalità di intervento, con un sistema di assistenza ben strutturato. Le sedute devono essere tempestive e in numero adattabile alle necessità specifiche dei pazienti. 

Da questo esempio ben si comprende perché le politiche sanitarie debbano basarsi su un’analisi costante delle evidenze e delle migliori pratiche, piuttosto che su un confronto diretto con altre regioni, che potrebbero avere invece caratteristiche demografiche e sanitarie diverse. Le decisioni devono essere guidate da un principio di equità nell’accesso alle cure. La riorganizzazione dei servizi, specie facendo ricorso alle prerogative della nostra Autonomia, deve essere vista come un’opportunità per migliorare l’assistenza, integrando innovazioni e rispondendo alle esigenze di un sistema in evoluzione. Solo attraverso un dialogo aperto e collaborativo tra gli attori del sistema sanitario, i professionisti e i cittadini è possibile garantire che le scelte siano realmente al servizio della popolazione.

Il caso dunque di un cambio di approccio alla riabilitazione post-operatoria è almeno una prima piccola risposta ai mille quesiti che il Trentino deve porre alla nuova Sanita post Covid. L’obiettivo deve essere quello di un livello adeguato di cura, integrando innovazioni e rispondendo alle esigenze di un sistema in evoluzione. Solo attraverso un approccio informato e collaborativo è possibile garantire il miglioramento della salute e del benessere dei cittadini. Da qui si evince che il ricorso al privato o la costruzione di una nuova struttura ospedaliera a nulla serviranno se non supportate dall’ascolto di una classe medica sempre attenta e propositiva – verso politica e cittadini – di nuovi modelli di cura e approccio alle patologie. Che la politica ascolti e agisca di conseguenza, che i cittadini siano più attenti a scegliere una classe politica adeguata.

Consigliera Provinciale Casaautonomia.eu

Paola Demagri 

Ricorso al privato, Sanità 4.0 e NOT, basteranno a colmare le precarietà del sistema sanitario trentino?

Che l’insoddisfazione verso il servizio sanitario locale regni sovrana, è fatto notorio. Sembra quasi che l’Autonomia statutaria della quale siamo dotati nulla abbia potuto contro un declino sempre più palese. Da qualche anno, la situazione sembra piuttosto peggiorare. Nemmeno il ricorso ai privati, nel tentativo di recuperare liste d’attesa drammaticamente inevase, ha dato i risultati sperati.  

Nel frattempo, tuttavia, il sistema medico non è rimasto a guardare cercando da sempre comunque, di adottare le migliori pratiche che la comunità scientifica internazionale mette a nostra disposizione. Un esempio tra tutti: si tratta di un nuovo metodo per gestire la riabilitazione post-operatoria di protesi totale al ginocchio. Nonostante la cronaca abbia rilevato qualche lieve preoccupazione di natura politica, la scienza può senz’altro affermare che le scelte attuali in materia di riabilitazione sono il risultato di analisi approfondite e di evidenze consolidate e non certo di una mera riduzione dei servizi disponibili.

Il passaggio verso un modello di riabilitazione ambulatoriale non rappresenta una diminuzione della qualità dell’assistenza, ma un tentativo di rispondere in modo più efficiente alle esigenze di un sistema sanitario in evoluzione. Le ricerche dimostrano infatti che la riabilitazione ambulatoriale può essere altrettanto efficace, se non di più, rispetto alla riabilitazione in degenza, specialmente per pazienti con condizioni generali favorevoli e un adeguato supporto sociale. Questo approccio consente di liberare risorse ospedaliere per i pazienti che necessitano di cure più intensive, contribuendo a un utilizzo più equo e sostenibile delle risorse sanitarie.

Inoltre, l’adozione di un modello riabilitativo “esterno” permette di soddisfare con maggiore rapidità la crescente domanda di interventi protesici, un’esigenza in costante aumento a causa dell’invecchiamento della popolazione e della maggiore attività fisica. Questo approccio non solo migliora l’efficienza del sistema sanitario, ma consente anche ai pazienti di ricevere cure in tempi più brevi, garantendo un recupero più rapido. La riduzione della degenza in ambienti promiscui contribuisce inoltre a diminuire il rischio di infezioni nosocomiali complicanze legate all’ospedalizzazione. 

La riabilitazione ambulatoriale, studi alla mano, offre risultati migliori in termini di soddisfazione del paziente e suo recupero funzionale rispetto alla riabilitazione in degenza (Vogt et al., 2020; Kellett et al., 2019; Ustead et al., 2020).

Certo, è essenziale che i pazienti siano informati sulle potenzialità di queste nuove modalità di intervento, con un sistema di assistenza ben strutturato. Le sedute devono essere tempestive e in numero adattabile alle necessità specifiche dei pazienti. 

Da questo esempio ben si comprende perché le politiche sanitarie debbano basarsi su un’analisi costante delle evidenze e delle migliori pratiche, piuttosto che su un confronto diretto con altre regioni, che potrebbero avere invece caratteristiche demografiche e sanitarie diverse. Le decisioni devono essere guidate da un principio di equità nell’accesso alle cure. La riorganizzazione dei servizi, specie facendo ricorso alle prerogative della nostra Autonomia, deve essere vista come un’opportunità per migliorare l’assistenza, integrando innovazioni e rispondendo alle esigenze di un sistema in evoluzione. Solo attraverso un dialogo aperto e collaborativo tra gli attori del sistema sanitario, i professionisti e i cittadini è possibile garantire che le scelte siano realmente al servizio della popolazione.

Il caso dunque di un cambio di approccio alla riabilitazione post-operatoria è almeno una prima piccola risposta ai mille quesiti che il Trentino deve porre alla nuova Sanita post Covid. L’obiettivo deve essere quello di un livello adeguato di cura, integrando innovazioni e rispondendo alle esigenze di un sistema in evoluzione. Solo attraverso un approccio informato e collaborativo è possibile garantire il miglioramento della salute e del benessere dei cittadini. Da qui si evince che il ricorso al privato o la costruzione di una nuova struttura ospedaliera a nulla serviranno se non supportate dall’ascolto di una classe medica sempre attenta e propositiva – verso politica e cittadini – di nuovi modelli di cura e approccio alle patologie. Che la politica ascolti e agisca di conseguenza, che i cittadini siano più attenti a scegliere una classe politica adeguata.

12 Novembre 2024 0 Commenti
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La Sanità Trentina tra disaffezione e incertezze potrà riprendersi?

Da Paola Demagri 3 Novembre 2024

La sanità trentina, un tempo ammirata per la sua efficienza e per il forte senso di
appartenenza dei suoi operatori, si trova oggi a vivere una fase di profonda crisi. La
disaffezione del personale è testimoniata da un numero crescente di dipendenti che
scelgono di abbandonare il servizio pubblico, un fenomeno che non può essere giustificato
semplicemente con il trend nazionale. Il Trentino, storicamente, si è distinto per una forte
identità professionale e un attaccamento al proprio lavoro, eppure, ora, assistiamo a un
disimpegno preoccupante.

La scarsa partecipazione alle scuole di specializzazione e ai corsi di infermieristica è un altro
campanello d’allarme che non possiamo ignorare. L’assenza di nuovi professionisti nel
sistema sanitario, in un contesto dove le esigenze di assistenza continuano a crescere, è
destinata a creare un vuoto difficile da colmare. Gli operatori sanitari, soprattutto i medici
ospedalieri, si sentono disorientati e scoraggiati, ignari dei reali propositi della giunta
provinciale riguardo al futuro della sanità trentina. La mancanza di comunicazione e di
chiarezza sui progetti in atto contribuisce a un clima di sfiducia che mina la motivazione di
chi lavora quotidianamente per garantire qualità e sicurezza nelle prestazioni.

Uno dei temi più critici è sicuramente il progetto del nuovo ospedale trentino. L’incertezza su
quando sarà realmente operativo, unita alla mancanza di indicazioni chiare su come gestire
il periodo di transizione, sta aggravando la situazione. Gli ospedali periferici, nel frattempo,
continuano a vivere in una condizione di limbo, senza una connotazione definita, mentre
l’unica certezza è che si naviga a vista. Le risorse interne sembrano essere allocate non
sulla base di criteri organizzativi e programmatici, ma piuttosto in base a logiche di
personalismi e rivalse , con il risultato di creare un quadro di disfacimento generale di quanto
di buono era stato realizzato fino a oggi.

Questa situazione non è solo un problema di gestione, ma ha conseguenze dirette sulla
qualità delle prestazioni sanitarie. Stiamo assistendo a uno sperpero di risorse per
mantenere in vita reparti che non raggiungono neanche la metà delle soglie minime di
struttura, mettendo a rischio sia la qualità che la sicurezza delle cure. Al contempo, centri di
eccellenza, riconosciuti dalla stessa utenza, vengono mortificati e privati del supporto
necessario per operare al meglio.

In questo contesto, è fondamentale chiedersi e conoscere quale sia l’obiettivo della
Provincia autonoma di Trento per il futuro della sanità. È tempo di ripensare le strategie, di
ascoltare le istanze del personale sanitario e di restituire fiducia a chi lavora in prima linea.
La neonata Scuola di Medicina dell’Università di Trento rappresenta un ulteriore dilemma in
questo scenario complesso. Da un lato, la creazione di una scuola di medicina offre
l’opportunità di formare nuovi professionisti sul territorio, contribuendo a colmare il gap di
personale che stiamo vivendo. Dall’altro, sorgono interrogativi sul come questa nuova

istituzione possa integrarsi con il sistema sanitario locale e quale sia il suo impatto sulla già
fragile situazione attuale.

Gli studenti di medicina, ora parte integrante del panorama trentino, devono poter
visualizzare un percorso professionale chiaro e sostenibile. Tuttavia, il disorientamento tra i
medici ospedalieri e la mancanza di una visione strategica da parte della giunta provinciale
potrebbero minare la loro motivazione e la qualità della formazione. Se le aspettative non
saranno allineate con le reali necessità del sistema sanitario, potremmo trovarci a formare
professionisti senza un adeguato sbocco lavorativo, rischiando di ripetere gli errori del
passato.

In definitiva, la sanità trentina ha bisogno di una visione chiara e condivisa, che metta al
centro le persone e la loro salute. Solo così potremo evitare di scivolare ulteriormente nelle
graduatorie di merito nazionali e di demotivare coloro che, con impegno e dedizione,
continuano a lavorare per il bene della comunità.

La sfida è quella di costruire un sistema sanitario integrato e sostenibile, dove la formazione,
la gestione e l’assistenza siano in perfetta armonia, in modo che il Trentino possa tornare a
essere un esempio di eccellenza nel panorama sanitario nazionale.

3 Novembre 2024 0 Commenti
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VISITA ALLA RESIDENZA FERSINA: SI CONFERMA UN SISTEMA DI ACCOGLIENZA INADEGUATO 

Da Paola Demagri 24 Ottobre 2024

Oggi su richiesta delle minoranze consiliari la Quarta Commissione permanente ed alcuni altri/e consiglieri/e sono stati in visita alla residenza Fersina.

Innanzitutto va detto che per potervi accedere abbiamo atteso a lungo perché arrivasse il nulla osta dal Commissariato del Governo, come prevede la norma. Norma che di fatto rende i Centri di accoglienza straordinaria meno accessibili da parte dei consiglieri provinciali persino di carceri e CPR. 

Un’autorizzazione alla visita che incomprensibilmente ha tuttavia escluso la possibilità di accesso agli spazi “alloggiativi” delle persone ospitate – le stanze – il che ha reso la visita del tutto parziale rispetto alla possibilità di verificare le reali condizioni di vita all’interno. 

Tra i pochi spazi visitati, va denunciato lo stato dei bagni, eufemisticamente indecoroso quanto insalubre per la presenza di alcuni wc e “turche” inagibili, di alcune parti di pareti significativamente piene di muffe verdastre e umidità che impongono la necessità di tenere aperte le finestre per arieggiare da maleodoranti odori stagnanti, con anche alcuni controsoffitti mancanti. Alcuni ragazzi richiedenti protezione internazionale ospitati nella Residenza ci hanno raccontato delle ragioni che li hanno mossi ad intraprendere un viaggio dal Marocco all’Italia attraverso la rotta balcanica: la più che legittima volontà di migliorare le proprie condizioni di vita. Per le persone lì residenti la priorità è imparare la lingua – un servizio non offerto in modo strutturale dalla Provincia dentro la struttura – per poter lavorare e trovare una casa. Ci hanno riferito delle difficoltà a trovare un lavoro con un permesso di soggiorno temporaneo. I responsabili della cooperativa Kaleidoscopio che si occupa dell’accoglienza nella Residenza Fersina ci hanno raccontato delle “fratture esistenziali” che affliggono larga parte delle persone accolte. Fratture esistenziali politraumatiche, esito non solo delle esperienze di vita nei luoghi di origine, ma anche sviluppate in ragione della permanenza “in strada” vivendo in Italia e nel nostro territorio in condizioni di marginalità sociale oggettiva, in attesa che si liberi un posto in accoglienza. Fratture esistenziali che purtroppo, se non accolte e supportate prontamente con interventi e strategie adeguate possono essere certamente fattori concorrenti a comportamenti di devianza sociale, che minano anche la convivenza nella Residenza Fersina. 

Una visita quella odierna che -ove ancora ve ne fosse necessità rispetto alle evidenza già ampiamente riscontrate – dimostra l’urgenza di ripristinare un modello di accoglienza che non concentri le persone in una sola struttura (la Fersina è una delle più grandi d’Italia), riappropriandosi di quell’accoglienza diffusa che non solo garantisca la tutela e i diritti fondamentali delle persone richiedenti protezione internazionale, ma che altresì garantisca maggiori risultati rispetto all’integrazione e quindi, anche, alla sicurezza sociale. Ma anche nell’ottica di dare maggiori opportunità di lavoro: la sera vi è l’obbligo di rientrare in struttura e questo impedisce ai ragazzi lì ospitati di lavorare nelle valli, mentre albergatori e imprese continuano a non trovare personale. 

Un assurdo continuare con questo insensato concentramento sul capoluogo che è un incaponimento ideologico del Presidente. Infine una riflessione sulla normativa che regolamenta le migrazioni. I ragazzi marocchini che abbiamo avuto l’opportunità di ascoltare si stanno impegnando per integrarsi e lavorare nel territorio. Un investimento che rischia di non dare i frutti sperati e di mandare in frantumi le speranze delle persone richiedenti protezione internazionale, visto che le chance di una persona marocchina di vedersi riconosciuto l’asilo o la protezione sussidiaria sono davvero poche. 

Un assurdo perdere persone che si sono inserite nel territorio, che un tempo avrebbero avuto qualche speranza di restare grazie alla protezione speciale cancellata dal Governo Meloni.

24 Ottobre 2024 0 Commenti
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I BISOGNI PSICOLOGICI AUMENTANO E LA GIUNTA NON RIFINANZIA IL “BONUS PSICOLOGO”

Da Paola Demagri 21 Ottobre 2024

Consiglieri Paolo Zanella e Paola Demagri

Dopo il finanziamento del “bonus psicologo” 2023 (per le richieste presentate nella primavera 2024), la Provincia ha deciso di non rifinanziarle in futuro questa misura d’accesso alle cure psicologiche.

Beffardamente l’assessore ne ha dato comunicazione all’Ordine degli psicologi nella Giornata mondiale della salute mentale, nella quale venivano presentati i dati sui disturbi psicologici in aumento: nevrosi, disturbi affettivi e di personalità, tentati suicidi…

Le ragioni di questo mancato rifinanziamento addotte dall’assessore Tonina sono sostanzialmente due: innanzitutto il superamento del periodo emergenziale post-CoViD-19 per cui le Province autonome avevano già deciso di non accedere più ai Fondi statali, ma di far fronte con risorse proprie; fondi che ora la Provincia di Trento non ha più intenzione di stanziare. La seconda ragione è che per far fronte ai bisogni psicologici il Trentino ha già un servizio di Psicologia clinica in APSS e vi sono anche studi psicologici accreditati e convenzionati.

Tutto vero, ma ci sono persone che necessitano di cicli di psicoterapia più lunghi di quello offerti da APSS e gli studi convenzionati sono di fatto pochissimi. I dati del bonus 2022 dimostrano che anche in Trentino la richiesta non si risolve con il servizio  di APSS o con gli psicologi convenzionati e quindi o si potenziano quei servizi, oppure i contributi per accedere alla psicoterapia vanno mantenuti. 

In Trentino nel 2023 (Fondo “bonus psicologo” 2022) sono state fatte quasi 3000 richieste, di cui 500 finanziate. Nel 2024 (fondi 2023) in Italia 400.000 richieste e finanziate nemmeno l’1% (ridotti i fondi). Lo studio PsyCare commissionato dal Consiglio nazionale dell’Ordine degli psicologi in collaborazione con diverse Università, ha documentato l’efficacia della misura, sia in termini di esiti sull’utenza che di risparmio in termini di ore di malattia risparmiate sul lavoro. Inoltre ha documentato che il 72% delle persone che vi hanno fatto ricorso non aveva mai effettuato sedute di psicoterapia e di queste l’81% anche per motivi economici. Di qui l’importanza di sostenere le fasce economiche più in difficoltà per l’accesso alle cure psicologiche. 

Per questo abbiamo presentato un’interrogazione per chiedere: 

  1. se davvero ritenga sufficiente la risposta del pubblico ai bisogni psicologici attraverso i servizi di psicologia clinica di APSS e gli studi di psicoterapia convenzionati, visto l’aumento del disagio e dei disturbi psicologici, testimoniato anche dalle richieste di “bonus psicologo”;
  2. se non si ritenga necessario integrare la norma provinciale – e gli atti amministrativi conseguenti – rispetto a una semplificazione degli accreditamenti degli studi di psicoterapia convenzionati, alle modalità di presa in carico da parte di questi e a un ampliamento degli ambiti di intervento;
  3. se non si ritiene utile pensare a forme stabili di sostegno in base all’ICEF per l’accesso alla psicoterapia, dal momento che la risposta dell’UO di Psicologia clinica e degli psicoterapeuti convenzionati paiono insufficienti per far fronte ai bisogni manifestati.
21 Ottobre 2024 0 Commenti
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La Valdastico, l’ostruzionismo e la coerenza di Casaautonomia.eu

Da Paola Demagri 18 Ottobre 2024

L’ostruzionismo di questi giorni risponde ad una proposta di allargamento del corridoio est propedeutico alla realizzazione della Valdastico con uscita a Rovereto Sud. Tale proposta rimane inaccettabile per CasaAutonomia.eu come per le tante Comunità locali che si sono espresse.

Se l’attuale Governo trentino riprendesse in mano la proposta progettuale ereditata nel 2018 seguendo un processo partecipativo tecnico e politico Casaautonomia.eu darebbe il suo sostegno.

Preciso infatti che quella di Rossi non fu un’intenzione da campagna elettorale. Di fatto è invece l’unico atto che in 50 anni di discussione abbia dato seguito a una condizione amministrativa concreta. Alla proroga di concessione della Serenissima è infatti allegato depositato un impegno – sottoscritto anche dal Governo italiano – a realizzare il collegamento tra A31 ed A22 secondo le indicazioni di massima depositate. Di fatto si tratta di una proposta progettuale che stravolge tutto il pregresso. Non si parla infatti di autostrada ma di bretella stradale gratuita e non a pagamento che avrebbe connesso Piovene Rocchette al casello di Trento Sud. Il vantaggio sarebbe stato duplice. Da un lato la gratuità – che è attrattore di traffico commerciale – dall’altra, la connessione del territorio Trentino nella località prefissata, non consumerebbe minimamente suolo e immette su un’arteria a scorrimento veloce, il traffico in transito, nel più breve tempo possibile

Sono questi i motivi che costituiscono l’antagonismo principale all’idea di questa giunta provinciale. Che pretenderebbe di connettere i due assi viari con un’arteria autostradale a pagamento e con un tracciato di lunghezza superiore alla precedente proposta. Entrambe condizioni peggiorative rispetto all’unica, finora, depositata.

Certo, il suo iter fu soltanto avviato. Il passo successivo sarebbe stata la partenza di un processo partecipativo di modifica della proposta che di fatto il tempo amministrativo concesso alla Giunta Rossi non ha mai permesso di portare a termine.

Di sicuro, qualora realizzata avrebbe prodotto una notevole riduzione dell’impatto del traffico extra provinciale sul nostro territorio. Anche perché, connessa a questa proposta progettuale ci sarebbe stata quella del potenziamento della ROLA all’interporto di Trento nord. inoltre, queste ipotesi progettuali non avrebbero fatto venir meno l’impegno a trasferire la maggior quantità di traffico possibile da gomma a rotaia.

18 Ottobre 2024 0 Commenti
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Casaautonomia.eu ospita la coerenza

Da Paola Demagri 15 Ottobre 2024

In queste ore, il patt-leghista registra una doppia sconfitta. Innanzitutto verso gli autonomisti liberi di pensiero, che possono finalmente salutare con sollievo la sentenza Kaswalder – Pruner a favore del secondo.

La seconda debacle l’ha confezionata il loro rappresentante capitato in Giunta Provinciale per nomina e non per voto popolare.

Da giorni ormai, è assente dal Consiglio provinciale mentre si discute di Valdastico. 

Così il Patt, da un lato rimane lontano dall’aula, dall’altra, pur di provare a spiegare che c’è coerenza tra le affermazioni fatte in passato e i suoi comportamenti di oggi, emette comunicati stampa che hanno il suono dello stridore di unghie di chi prova ad arrampicarsi sui vetri dell’incomprensibile.

Se pensiamo ad un paio d’anni fa, quando i giornali all’indomani dell’ultimo congresso Patt, titolavano “mai con la lega” e guardiamo dov’è oggi, possiamo certo comprendere i motivi dello scisma dentro all’ormai ex partito autonomista.

Ad venir letteralmente stomacati da questo stato di cose, nel voto provinciale di ormai un anno fa, si coalizzarono 10mila (diecimila) persone. Lo stesso numero che i vertici autonomisti-ormai leghisti hanno consegnato all’abbraccio mortale dei dorotei, alleati in Trentino ai partiti di Salvini e Meloni. 

Ecco perché per dignità politica, un gruppo responsabile di autonomisti, ha preso armi e bagagli ed ha abbandonato questo coacervo di interessi e contraddizioni fondando MCA.eu ormai già un paio d’anni fa. Continuando ad acquistare fino ai giorni nostri appeal e valore politico.

E a nulla vale che l’attuale dirigenza del Patt stia impostando una narrazione secondo la quale chi ha da dato vita al movimento di Casa Autonomia.eu, avrebbe “spaccato” il Partito e per questo varrebbe meno. 10 mila persone sono un po’ tantine, almeno in Trentino, per provare ad azzardare che stiamo parlando di un solo cenacolo di amici.

Tra l’altro, gli scontenti non sono migrati tutti in MCA.eu. Molti tra loro, rimasti nel patt, sperano invano ancora in un ripensamento, nonostante i destroidi soddisfatti dalla scelta siano sempre in minor numero. Lo certifica il numero di tesserati. Sempre più basso.

Molto probabilmente, a pesare sull’appeal del partito pesano alcuni grossi elementi. 

In primis, il fatto che da oltre trent’anni nella dirigenza sia costante la presenza di una persona in particolare. Se ne sono accorti anche i dorotei neo inseriti, che per questo ora chiedono (invano) la testa dei vertici. Pena un altro nuovo scisma.

Secondo motivo: a fronte di comportamenti fotocopia dei leghisti, chi è vicino alla destra preferisce votare l’originale. 

Infine, a pesare sui vecchi autonomisti, gravano tutte le loro contraddizioni. Quel Grisenti che un tempo definì Panizza “sottoscala della giunta” ora vanno d’amore d’accordo. E per un posto di lavoro a contratto in giunta provinciale, va benissimo rinnegare il proprio passato nel centro-sinistra. Fino ad arrivare apparire e scomparire durante le delibere sulla Valdastico. Le bugie hanno le gambe corte, anche per chi ha sempre la scusa pronta.

Eppure, l’anima dell’Autonomismo vero vive ancora in molti tra i trentini. Non è certo nelle mani quel manipolo di politici alla ricerca di incarichi che oggi provano a spiegare che anche la Meloni, adesso, è più moderata di un tempo. Così facendo hanno finito per trasformare l’ormai ex Partito autonomista, eredità di un grandioso Enrico Pruner, in una filiale sottesa tra gli interessi politici della lega e di una singola figura dentro al Patt.

Casa Autonomia.eu, ospita chi apprezza coerenza, lealtà e sincerità di chi, portando avanti autonomismo e progressismo, vuol star lontano dai giochi di potere. Di pochi. Forse di uno solo.

15 Ottobre 2024 0 Commenti
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Accoglienza diffusa e sicurezza possono convivere

Da Paola Demagri 15 Ottobre 2024

Luigi Panizza

Quello che sta accadendo in Provincia di Trento nei confronti dei migranti può essere definito “un assurdo umano”. Chiamata in causa di questo assurdo è la Provincia di Trento e precisamente il suo presidente con la maggioranza che lo sostiene. Premesso che chiunque (quindi vale per tutti) viola le leggi e delinque deve rispondere alla giustizia e deve essere reso innocuo. Non si capisce perché ci si ostini a rifiutare la strada della prevenzione per applicare subito solo quella punizione.

E’ norma e principio comuni (lo vediamo nella sanità) che per ogni male si cerchi di percorrere prima la strada della prevenzione e poi, se necessario, quella dell’intervento risolutivo. E ormai un coro unanime quello che si eleva (i partiti di minoranza, il nostro Vescovo in questi giorni, i sindacati, le Acli, tutto il volontariato) e  invoca l’accoglienza diffusa come mezzo di prevenzione per garantire sia la sicurezza dei cittadini e nello stesso tempo rispondere ai bisogni di chi ci chiede aiuto. Per quale motivo questa maggioranza ostinatamente e irrazionalmente rifiuta l’accoglienza diffusa, che pur con i suoi limiti, aveva dato prova di efficienza e validità salvando, come si dice, capra e cavoli (sicurezza e vera accoglienza)? Per sfuggire a questa alternativa, accoglienza diffusa sì o nò, si vuol spostare (furbescamente?) l’attenzione pubblica al problema “sicurezza sì o no” con la proposta dell’istituzione del CPR (Centro di permanenza per i rimpatri). 

Certo i cittadini vogliono giustamente la sicurezza, ma è il modo di garantirla  che ci separa da quanto fa la Provincia. La Provincia vuole il CPR punitivo mentre noi vogliamo l’accoglienza diffusa come metodo e mezzo preventivo. Con il CPR l’immagine degli immigrati peggiora ulteriormente. Appare solo quello che è negativo oltretutto favorito da una politica totalmente sbagliata. E questo è un pessimo populismo ai danni di tanta povera gente. Il mio modesto invito è quello di non cadere nel tranello “Cpr sì o Cpr nò” , ma insistere su “accoglienza diffusa sì o accoglienza diffusa nò” che esclude l’adozione di misure solo repressive. Valga quindi la massima “prevenire per non dover punire”. Capisco l’imbarazzo e le difficoltà del sindaco di Trento costretto a garantire una sicurezza compromessa dal comportamento di un Presidente sostenuto dalla sua maggioranza che non vuole l’accoglienza diffusa tanto perorata e invocata dal sindaco di Trento.

Mi rivolgo alla Maggioranza consigliare. C’è un proverbio che dice: “chi tace conferma”. In questo caso se non c’è condivisione non manca  un certo per opportunismo politico. Quest’ultimo è una tentazione ed un pericolo sempre in agguato per chi ha responsabilità rappresentative. Ad ognuno la propria scelta e responsabilità. Si sappia però che qui non è in gioco una strada sì o una strada nò, ma la qualità della vita di persone e di persone bisognose di aiuto  che coinvolgono papà, mamme, giovani, anziani, bambini. Tutti valori incalcolabili. Ma scherziamo, qualcuno può fare quello che vuole della vita degli altri! Ho 87 anni. Non sono insensibile al giudizio degli uomini, ma se sarà necessario farò quello che mi suggerisce la mia coscienza. Questo me lo impone la mia esperienza come volontario da più di 20 anni in Africa.  

15 Ottobre 2024 0 Commenti
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