Paola Demagri
  • BIOGRAFIA
  • IDEE E PROPOSTE
  • PROGRAMMA ED EVENTI
  • ATTI POLITICI
  • RASSEGNA STAMPA
  • CONTATTI
Tag:

demagri

Ricorso al privato, Sanità 4.0 e NOT, basteranno a colmare le precarietà del sistema sanitario trentino?

Da Paola Demagri 12 Novembre 2024

Che l’insoddisfazione verso il servizio sanitario locale regni sovrana, è fatto notorio. Sembra quasi che l’Autonomia statutaria della quale siamo dotati nulla abbia potuto contro un declino sempre più palese. Da qualche anno, la situazione sembra piuttosto peggiorare. Nemmeno il ricorso ai privati, nel tentativo di recuperare liste d’attesa drammaticamente inevase, ha dato i risultati sperati.  

Nel frattempo, tuttavia, il sistema medico non è rimasto a guardare cercando da sempre comunque, di adottare le migliori pratiche che la comunità scientifica internazionale mette a nostra disposizione. Un esempio tra tutti: si tratta di un nuovo metodo per gestire la riabilitazione post-operatoria di protesi totale al ginocchio. Nonostante la cronaca abbia rilevato qualche lieve preoccupazione di natura politica, la scienza può senz’altro affermare che le scelte attuali in materia di riabilitazione sono il risultato di analisi approfondite e di evidenze consolidate e non certo di una mera riduzione dei servizi disponibili.

Il passaggio verso un modello di riabilitazione ambulatoriale non rappresenta una diminuzione della qualità dell’assistenza, ma un tentativo di rispondere in modo più efficiente alle esigenze di un sistema sanitario in evoluzione. Le ricerche dimostrano infatti che la riabilitazione ambulatoriale può essere altrettanto efficace, se non di più, rispetto alla riabilitazione in degenza, specialmente per pazienti con condizioni generali favorevoli e un adeguato supporto sociale. Questo approccio consente di liberare risorse ospedaliere per i pazienti che necessitano di cure più intensive, contribuendo a un utilizzo più equo e sostenibile delle risorse sanitarie.

Inoltre, l’adozione di un modello riabilitativo “esterno” permette di soddisfare con maggiore rapidità la crescente domanda di interventi protesici, un’esigenza in costante aumento a causa dell’invecchiamento della popolazione e della maggiore attività fisica. Questo approccio non solo migliora l’efficienza del sistema sanitario, ma consente anche ai pazienti di ricevere cure in tempi più brevi, garantendo un recupero più rapido. La riduzione della degenza in ambienti promiscui contribuisce inoltre a diminuire il rischio di infezioni nosocomiali complicanze legate all’ospedalizzazione. 

La riabilitazione ambulatoriale, studi alla mano, offre risultati migliori in termini di soddisfazione del paziente e suo recupero funzionale rispetto alla riabilitazione in degenza (Vogt et al., 2020; Kellett et al., 2019; Ustead et al., 2020).

Certo, è essenziale che i pazienti siano informati sulle potenzialità di queste nuove modalità di intervento, con un sistema di assistenza ben strutturato. Le sedute devono essere tempestive e in numero adattabile alle necessità specifiche dei pazienti. 

Da questo esempio ben si comprende perché le politiche sanitarie debbano basarsi su un’analisi costante delle evidenze e delle migliori pratiche, piuttosto che su un confronto diretto con altre regioni, che potrebbero avere invece caratteristiche demografiche e sanitarie diverse. Le decisioni devono essere guidate da un principio di equità nell’accesso alle cure. La riorganizzazione dei servizi, specie facendo ricorso alle prerogative della nostra Autonomia, deve essere vista come un’opportunità per migliorare l’assistenza, integrando innovazioni e rispondendo alle esigenze di un sistema in evoluzione. Solo attraverso un dialogo aperto e collaborativo tra gli attori del sistema sanitario, i professionisti e i cittadini è possibile garantire che le scelte siano realmente al servizio della popolazione.

Il caso dunque di un cambio di approccio alla riabilitazione post-operatoria è almeno una prima piccola risposta ai mille quesiti che il Trentino deve porre alla nuova Sanita post Covid. L’obiettivo deve essere quello di un livello adeguato di cura, integrando innovazioni e rispondendo alle esigenze di un sistema in evoluzione. Solo attraverso un approccio informato e collaborativo è possibile garantire il miglioramento della salute e del benessere dei cittadini. Da qui si evince che il ricorso al privato o la costruzione di una nuova struttura ospedaliera a nulla serviranno se non supportate dall’ascolto di una classe medica sempre attenta e propositiva – verso politica e cittadini – di nuovi modelli di cura e approccio alle patologie. Che la politica ascolti e agisca di conseguenza, che i cittadini siano più attenti a scegliere una classe politica adeguata.

Consigliera Provinciale Casaautonomia.eu

Paola Demagri 

Ricorso al privato, Sanità 4.0 e NOT, basteranno a colmare le precarietà del sistema sanitario trentino?

Che l’insoddisfazione verso il servizio sanitario locale regni sovrana, è fatto notorio. Sembra quasi che l’Autonomia statutaria della quale siamo dotati nulla abbia potuto contro un declino sempre più palese. Da qualche anno, la situazione sembra piuttosto peggiorare. Nemmeno il ricorso ai privati, nel tentativo di recuperare liste d’attesa drammaticamente inevase, ha dato i risultati sperati.  

Nel frattempo, tuttavia, il sistema medico non è rimasto a guardare cercando da sempre comunque, di adottare le migliori pratiche che la comunità scientifica internazionale mette a nostra disposizione. Un esempio tra tutti: si tratta di un nuovo metodo per gestire la riabilitazione post-operatoria di protesi totale al ginocchio. Nonostante la cronaca abbia rilevato qualche lieve preoccupazione di natura politica, la scienza può senz’altro affermare che le scelte attuali in materia di riabilitazione sono il risultato di analisi approfondite e di evidenze consolidate e non certo di una mera riduzione dei servizi disponibili.

Il passaggio verso un modello di riabilitazione ambulatoriale non rappresenta una diminuzione della qualità dell’assistenza, ma un tentativo di rispondere in modo più efficiente alle esigenze di un sistema sanitario in evoluzione. Le ricerche dimostrano infatti che la riabilitazione ambulatoriale può essere altrettanto efficace, se non di più, rispetto alla riabilitazione in degenza, specialmente per pazienti con condizioni generali favorevoli e un adeguato supporto sociale. Questo approccio consente di liberare risorse ospedaliere per i pazienti che necessitano di cure più intensive, contribuendo a un utilizzo più equo e sostenibile delle risorse sanitarie.

Inoltre, l’adozione di un modello riabilitativo “esterno” permette di soddisfare con maggiore rapidità la crescente domanda di interventi protesici, un’esigenza in costante aumento a causa dell’invecchiamento della popolazione e della maggiore attività fisica. Questo approccio non solo migliora l’efficienza del sistema sanitario, ma consente anche ai pazienti di ricevere cure in tempi più brevi, garantendo un recupero più rapido. La riduzione della degenza in ambienti promiscui contribuisce inoltre a diminuire il rischio di infezioni nosocomiali complicanze legate all’ospedalizzazione. 

La riabilitazione ambulatoriale, studi alla mano, offre risultati migliori in termini di soddisfazione del paziente e suo recupero funzionale rispetto alla riabilitazione in degenza (Vogt et al., 2020; Kellett et al., 2019; Ustead et al., 2020).

Certo, è essenziale che i pazienti siano informati sulle potenzialità di queste nuove modalità di intervento, con un sistema di assistenza ben strutturato. Le sedute devono essere tempestive e in numero adattabile alle necessità specifiche dei pazienti. 

Da questo esempio ben si comprende perché le politiche sanitarie debbano basarsi su un’analisi costante delle evidenze e delle migliori pratiche, piuttosto che su un confronto diretto con altre regioni, che potrebbero avere invece caratteristiche demografiche e sanitarie diverse. Le decisioni devono essere guidate da un principio di equità nell’accesso alle cure. La riorganizzazione dei servizi, specie facendo ricorso alle prerogative della nostra Autonomia, deve essere vista come un’opportunità per migliorare l’assistenza, integrando innovazioni e rispondendo alle esigenze di un sistema in evoluzione. Solo attraverso un dialogo aperto e collaborativo tra gli attori del sistema sanitario, i professionisti e i cittadini è possibile garantire che le scelte siano realmente al servizio della popolazione.

Il caso dunque di un cambio di approccio alla riabilitazione post-operatoria è almeno una prima piccola risposta ai mille quesiti che il Trentino deve porre alla nuova Sanita post Covid. L’obiettivo deve essere quello di un livello adeguato di cura, integrando innovazioni e rispondendo alle esigenze di un sistema in evoluzione. Solo attraverso un approccio informato e collaborativo è possibile garantire il miglioramento della salute e del benessere dei cittadini. Da qui si evince che il ricorso al privato o la costruzione di una nuova struttura ospedaliera a nulla serviranno se non supportate dall’ascolto di una classe medica sempre attenta e propositiva – verso politica e cittadini – di nuovi modelli di cura e approccio alle patologie. Che la politica ascolti e agisca di conseguenza, che i cittadini siano più attenti a scegliere una classe politica adeguata.

12 Novembre 2024 0 Commenti
0 FacebookTwitterLinkedin

La Sanità Trentina tra disaffezione e incertezze potrà riprendersi?

Da Paola Demagri 3 Novembre 2024

La sanità trentina, un tempo ammirata per la sua efficienza e per il forte senso di
appartenenza dei suoi operatori, si trova oggi a vivere una fase di profonda crisi. La
disaffezione del personale è testimoniata da un numero crescente di dipendenti che
scelgono di abbandonare il servizio pubblico, un fenomeno che non può essere giustificato
semplicemente con il trend nazionale. Il Trentino, storicamente, si è distinto per una forte
identità professionale e un attaccamento al proprio lavoro, eppure, ora, assistiamo a un
disimpegno preoccupante.

La scarsa partecipazione alle scuole di specializzazione e ai corsi di infermieristica è un altro
campanello d’allarme che non possiamo ignorare. L’assenza di nuovi professionisti nel
sistema sanitario, in un contesto dove le esigenze di assistenza continuano a crescere, è
destinata a creare un vuoto difficile da colmare. Gli operatori sanitari, soprattutto i medici
ospedalieri, si sentono disorientati e scoraggiati, ignari dei reali propositi della giunta
provinciale riguardo al futuro della sanità trentina. La mancanza di comunicazione e di
chiarezza sui progetti in atto contribuisce a un clima di sfiducia che mina la motivazione di
chi lavora quotidianamente per garantire qualità e sicurezza nelle prestazioni.

Uno dei temi più critici è sicuramente il progetto del nuovo ospedale trentino. L’incertezza su
quando sarà realmente operativo, unita alla mancanza di indicazioni chiare su come gestire
il periodo di transizione, sta aggravando la situazione. Gli ospedali periferici, nel frattempo,
continuano a vivere in una condizione di limbo, senza una connotazione definita, mentre
l’unica certezza è che si naviga a vista. Le risorse interne sembrano essere allocate non
sulla base di criteri organizzativi e programmatici, ma piuttosto in base a logiche di
personalismi e rivalse , con il risultato di creare un quadro di disfacimento generale di quanto
di buono era stato realizzato fino a oggi.

Questa situazione non è solo un problema di gestione, ma ha conseguenze dirette sulla
qualità delle prestazioni sanitarie. Stiamo assistendo a uno sperpero di risorse per
mantenere in vita reparti che non raggiungono neanche la metà delle soglie minime di
struttura, mettendo a rischio sia la qualità che la sicurezza delle cure. Al contempo, centri di
eccellenza, riconosciuti dalla stessa utenza, vengono mortificati e privati del supporto
necessario per operare al meglio.

In questo contesto, è fondamentale chiedersi e conoscere quale sia l’obiettivo della
Provincia autonoma di Trento per il futuro della sanità. È tempo di ripensare le strategie, di
ascoltare le istanze del personale sanitario e di restituire fiducia a chi lavora in prima linea.
La neonata Scuola di Medicina dell’Università di Trento rappresenta un ulteriore dilemma in
questo scenario complesso. Da un lato, la creazione di una scuola di medicina offre
l’opportunità di formare nuovi professionisti sul territorio, contribuendo a colmare il gap di
personale che stiamo vivendo. Dall’altro, sorgono interrogativi sul come questa nuova

istituzione possa integrarsi con il sistema sanitario locale e quale sia il suo impatto sulla già
fragile situazione attuale.

Gli studenti di medicina, ora parte integrante del panorama trentino, devono poter
visualizzare un percorso professionale chiaro e sostenibile. Tuttavia, il disorientamento tra i
medici ospedalieri e la mancanza di una visione strategica da parte della giunta provinciale
potrebbero minare la loro motivazione e la qualità della formazione. Se le aspettative non
saranno allineate con le reali necessità del sistema sanitario, potremmo trovarci a formare
professionisti senza un adeguato sbocco lavorativo, rischiando di ripetere gli errori del
passato.

In definitiva, la sanità trentina ha bisogno di una visione chiara e condivisa, che metta al
centro le persone e la loro salute. Solo così potremo evitare di scivolare ulteriormente nelle
graduatorie di merito nazionali e di demotivare coloro che, con impegno e dedizione,
continuano a lavorare per il bene della comunità.

La sfida è quella di costruire un sistema sanitario integrato e sostenibile, dove la formazione,
la gestione e l’assistenza siano in perfetta armonia, in modo che il Trentino possa tornare a
essere un esempio di eccellenza nel panorama sanitario nazionale.

3 Novembre 2024 0 Commenti
0 FacebookTwitterLinkedin

VISITA ALLA RESIDENZA FERSINA: SI CONFERMA UN SISTEMA DI ACCOGLIENZA INADEGUATO 

Da Paola Demagri 24 Ottobre 2024

Oggi su richiesta delle minoranze consiliari la Quarta Commissione permanente ed alcuni altri/e consiglieri/e sono stati in visita alla residenza Fersina.

Innanzitutto va detto che per potervi accedere abbiamo atteso a lungo perché arrivasse il nulla osta dal Commissariato del Governo, come prevede la norma. Norma che di fatto rende i Centri di accoglienza straordinaria meno accessibili da parte dei consiglieri provinciali persino di carceri e CPR. 

Un’autorizzazione alla visita che incomprensibilmente ha tuttavia escluso la possibilità di accesso agli spazi “alloggiativi” delle persone ospitate – le stanze – il che ha reso la visita del tutto parziale rispetto alla possibilità di verificare le reali condizioni di vita all’interno. 

Tra i pochi spazi visitati, va denunciato lo stato dei bagni, eufemisticamente indecoroso quanto insalubre per la presenza di alcuni wc e “turche” inagibili, di alcune parti di pareti significativamente piene di muffe verdastre e umidità che impongono la necessità di tenere aperte le finestre per arieggiare da maleodoranti odori stagnanti, con anche alcuni controsoffitti mancanti. Alcuni ragazzi richiedenti protezione internazionale ospitati nella Residenza ci hanno raccontato delle ragioni che li hanno mossi ad intraprendere un viaggio dal Marocco all’Italia attraverso la rotta balcanica: la più che legittima volontà di migliorare le proprie condizioni di vita. Per le persone lì residenti la priorità è imparare la lingua – un servizio non offerto in modo strutturale dalla Provincia dentro la struttura – per poter lavorare e trovare una casa. Ci hanno riferito delle difficoltà a trovare un lavoro con un permesso di soggiorno temporaneo. I responsabili della cooperativa Kaleidoscopio che si occupa dell’accoglienza nella Residenza Fersina ci hanno raccontato delle “fratture esistenziali” che affliggono larga parte delle persone accolte. Fratture esistenziali politraumatiche, esito non solo delle esperienze di vita nei luoghi di origine, ma anche sviluppate in ragione della permanenza “in strada” vivendo in Italia e nel nostro territorio in condizioni di marginalità sociale oggettiva, in attesa che si liberi un posto in accoglienza. Fratture esistenziali che purtroppo, se non accolte e supportate prontamente con interventi e strategie adeguate possono essere certamente fattori concorrenti a comportamenti di devianza sociale, che minano anche la convivenza nella Residenza Fersina. 

Una visita quella odierna che -ove ancora ve ne fosse necessità rispetto alle evidenza già ampiamente riscontrate – dimostra l’urgenza di ripristinare un modello di accoglienza che non concentri le persone in una sola struttura (la Fersina è una delle più grandi d’Italia), riappropriandosi di quell’accoglienza diffusa che non solo garantisca la tutela e i diritti fondamentali delle persone richiedenti protezione internazionale, ma che altresì garantisca maggiori risultati rispetto all’integrazione e quindi, anche, alla sicurezza sociale. Ma anche nell’ottica di dare maggiori opportunità di lavoro: la sera vi è l’obbligo di rientrare in struttura e questo impedisce ai ragazzi lì ospitati di lavorare nelle valli, mentre albergatori e imprese continuano a non trovare personale. 

Un assurdo continuare con questo insensato concentramento sul capoluogo che è un incaponimento ideologico del Presidente. Infine una riflessione sulla normativa che regolamenta le migrazioni. I ragazzi marocchini che abbiamo avuto l’opportunità di ascoltare si stanno impegnando per integrarsi e lavorare nel territorio. Un investimento che rischia di non dare i frutti sperati e di mandare in frantumi le speranze delle persone richiedenti protezione internazionale, visto che le chance di una persona marocchina di vedersi riconosciuto l’asilo o la protezione sussidiaria sono davvero poche. 

Un assurdo perdere persone che si sono inserite nel territorio, che un tempo avrebbero avuto qualche speranza di restare grazie alla protezione speciale cancellata dal Governo Meloni.

24 Ottobre 2024 0 Commenti
0 FacebookTwitterLinkedin

I BISOGNI PSICOLOGICI AUMENTANO E LA GIUNTA NON RIFINANZIA IL “BONUS PSICOLOGO”

Da Paola Demagri 21 Ottobre 2024

Consiglieri Paolo Zanella e Paola Demagri

Dopo il finanziamento del “bonus psicologo” 2023 (per le richieste presentate nella primavera 2024), la Provincia ha deciso di non rifinanziarle in futuro questa misura d’accesso alle cure psicologiche.

Beffardamente l’assessore ne ha dato comunicazione all’Ordine degli psicologi nella Giornata mondiale della salute mentale, nella quale venivano presentati i dati sui disturbi psicologici in aumento: nevrosi, disturbi affettivi e di personalità, tentati suicidi…

Le ragioni di questo mancato rifinanziamento addotte dall’assessore Tonina sono sostanzialmente due: innanzitutto il superamento del periodo emergenziale post-CoViD-19 per cui le Province autonome avevano già deciso di non accedere più ai Fondi statali, ma di far fronte con risorse proprie; fondi che ora la Provincia di Trento non ha più intenzione di stanziare. La seconda ragione è che per far fronte ai bisogni psicologici il Trentino ha già un servizio di Psicologia clinica in APSS e vi sono anche studi psicologici accreditati e convenzionati.

Tutto vero, ma ci sono persone che necessitano di cicli di psicoterapia più lunghi di quello offerti da APSS e gli studi convenzionati sono di fatto pochissimi. I dati del bonus 2022 dimostrano che anche in Trentino la richiesta non si risolve con il servizio  di APSS o con gli psicologi convenzionati e quindi o si potenziano quei servizi, oppure i contributi per accedere alla psicoterapia vanno mantenuti. 

In Trentino nel 2023 (Fondo “bonus psicologo” 2022) sono state fatte quasi 3000 richieste, di cui 500 finanziate. Nel 2024 (fondi 2023) in Italia 400.000 richieste e finanziate nemmeno l’1% (ridotti i fondi). Lo studio PsyCare commissionato dal Consiglio nazionale dell’Ordine degli psicologi in collaborazione con diverse Università, ha documentato l’efficacia della misura, sia in termini di esiti sull’utenza che di risparmio in termini di ore di malattia risparmiate sul lavoro. Inoltre ha documentato che il 72% delle persone che vi hanno fatto ricorso non aveva mai effettuato sedute di psicoterapia e di queste l’81% anche per motivi economici. Di qui l’importanza di sostenere le fasce economiche più in difficoltà per l’accesso alle cure psicologiche. 

Per questo abbiamo presentato un’interrogazione per chiedere: 

  1. se davvero ritenga sufficiente la risposta del pubblico ai bisogni psicologici attraverso i servizi di psicologia clinica di APSS e gli studi di psicoterapia convenzionati, visto l’aumento del disagio e dei disturbi psicologici, testimoniato anche dalle richieste di “bonus psicologo”;
  2. se non si ritenga necessario integrare la norma provinciale – e gli atti amministrativi conseguenti – rispetto a una semplificazione degli accreditamenti degli studi di psicoterapia convenzionati, alle modalità di presa in carico da parte di questi e a un ampliamento degli ambiti di intervento;
  3. se non si ritiene utile pensare a forme stabili di sostegno in base all’ICEF per l’accesso alla psicoterapia, dal momento che la risposta dell’UO di Psicologia clinica e degli psicoterapeuti convenzionati paiono insufficienti per far fronte ai bisogni manifestati.
21 Ottobre 2024 0 Commenti
0 FacebookTwitterLinkedin

Oggi in aula consiliare parlando di ammodernamento dello Statuto speciale

Da Paola Demagri 30 Settembre 2024

Oggi in aula consiliare 

Al Presidente  non può essere sfuggito come sia elevata la preoccupazione che noi consiglieri ma anche i cittadini trentini abbiamo  di fronte all’ammodernamento dello Statuto dell’Autonomia. a nostro modo di vedere negli ultimi tempi sono più i lati oscuri di questa vicenda di  quelli chiari.Il tutto ampiamente enfatizzato da dichiarazioni sulla stampa ( non del Presidente) e assenza di repliche (da parte dell Presidente) e   dall’atteggiamento che la vicepresidente ha avuto nella scorsa seduta del Consiglio provinciale, di non rendersi disponibile, visto fra l’altro   il suo ruolo, a riferire a quest’aula lo status quo dei lavori. 

Fatta questa premessa per rappresentare il nostro stato d’animo  Noi abbiamo bisogno di certezze che il Presidente stia lavorando per garantire la salute della nostra autonomia.Serve  garantire che i capisaldi dello Statuto, che per molti anni hanno retto le nostre competenze possano solo essere migliorati e rivisti. 

Sono mesi che chiediamo di avere certezze  e garanzie che quella alla quale i Tavoli tecnici stanno lavorando sia  una revisione/ammodernamento  che fissa dei paletti in tema di principio d’intesa e di competenze.

In particolare al Presidente, questa mattina in Consiglio ho fatto arrivare un messaggio di preoccupazione accompagnato da un messaggio di raccomandazione. 

Dopo aver ascoltato la relazione in aula ho voluto  ribadire che il piatto forte nostro deve essere sempre solo costituito dall’introduzione dell’intesa per ogni revisione del testo. Questo ci darà modo che che vi sia un potere diretto su ogni riforma imposta dall’esterno e non condivisa .Il principio dell’intesa è necessario per affrontare in modo sereno le proposte di riforma. 

Gli elementi centrali di questa proposta di modifica statutaria sono l’ottenimento della principio dell’intesa e il ripristino delle competenze legislative che si sono affievolite via via. È importante che le province di Trento Bolzano percorrono la stessa via e che evitino l’omologazione con altre realtà regionali. L’intesa, il mantenimento e  l’ampliamento delle competenze saranno la formula forte per la nostra autonomia.

Lo scudo di protezione devono essere quelle due paroline dal titolo “ Previa l’intesa”, lo  scudo contro possibili colpi di mano di maggioranze parlamentari in danno della specialità. 

I due Presidenti delle province di Trento e Bolzano  agiscano da conservatori dei particolarismi provinciali aggiungendo visione verso un fenomeno chiamato futuro dal quale non possiamo scappare. Ci proteggano da opere riformatrici di cui non si conosce lo sbocco definitivo e dal quale poi difficilmente potremo tornare indietro. Come minoranze assembleari abbiamo proposto una risoluzione che rinforzava tutto quanto premesso: 

  • È condivisibile il fatto che vi è una necessità di procedere ad una modifica di alcuni aspetti dello Statuto di autonomia
  •  considerata l’attuale modificabilità da parte del parlamento delle proposte di riforma statutaria è giusto impegnare a far precedere ad ogni altra modifica dello Statuto, l’introduzione del principio di Intesa
  •  è fondamentale valutare la possibilità di un percorso autonomo delle due province autonome per l’introduzione del principio di Intesa qualora non rientrasse Nella proposta comune delle regioni a statuto speciale
  •  è fondamentale presidiare in maniera puntuale l’indipendenza di percorsi normativi relativi a modifica degli Statuti di autonomia, autonomia differenziata il premier iato, non possono essere scambiati tra di loro
  •  le minoranze assembleari ritengono essenziali il coinvolgimento del Consiglio provinciale pertanto incaricano la sesta commissione permanente ad approfondire fin da subito gli ulteriori sviluppi del percorso.

Legittime richieste non votate dalla maggioranza perché a parer del Presidente il percorso avviato ci porterà nella direzione auspicata.

Noi presidiamo perchè qualche dubbio lo nutriamo che non sarà proprio così.

30 Settembre 2024 0 Commenti
0 FacebookTwitterLinkedin

Prossimamente hai a disposizione 4 serate a cui partecipare. Qui puoi dire la tua e troverai chi ti ascolta!

Da Paola Demagri 21 Settembre 2024
21 Settembre 2024 0 Commenti
0 FacebookTwitterLinkedin

Lo sfruttamento delle materie prime: Autonomia nel cassetto?

Da Paola Demagri 8 Settembre 2024

Foto Cristina Gottardi

Sfruttamento delle materie prime critiche: non è che Roma stia mettendo i piedi in testa alla nostra Autonomia?

Approvato con modifiche, in una calda giornata romana nella vigilia di Ferragosto, il DL 84 contiene disposizioni urgenti sulle materie prime critiche di interesse strategico.

Come noto, si tratta di un argomento nazionale che possiede risvolti anche a livello locale. Tant’è che i politici nostrani, si badi bene solo quando stimolati dalla stampa, hanno costantemente teso a minimizzare le preoccupazioni. Eppure, le informazioni a livello locale e nazionale ne stimolano non poche nonostante, nel decreto appena editato, ci sia un incipit che potrebbe lasciare tutti tranquilli. 

Lì, si dice infatti che le disposizioni del presente decreto si applicano nelle Regioni a Statuto Speciale e nelle Province autonome di Trento Bolzano compatibilmente con le disposizioni dei rispettivi Statuti e relative a norme di attuazione.

A riportare le nubi sul cielo delle speranze trentine, tuttavia, ci pensa subito il comma 3 dell’articolo 2. Da lì si evince infatti che possono esistere progetti riconosciuti come strategici dalla Commissione Europea che assumono la qualità di progetti di pubblico interesse nazionale. Comprensivi di opere e interventi necessari per la loro realizzazione, sono considerati di pubblica utilità dunque indifferibili ed urgenti

L’articolo 3 afferma poi che la realizzazione di progetti strategici va presentata al “punto unico di contatto” presso il Mase che sente in maniera non vincolante le amministrazioni locali e rilascia le concessioni. 

Al comma 2 si parla dell’autorizzazione unica rilasciata dalla competente direzione generale del Ministero delle imprese e del made in Italy: MIMIT. E’ il Dicastero alle dirette dipendenze del ministro Urso, uno, non proprio autonomista nel DNA politico 

Comprendiamo che queste nostre considerazioni possano essere tacciate di allarmismo. 

Più e più volte tuttavia abbiamo visto Roma tentare di mettere da parte i dettami della nostra Autonomia. Non solo chi ha governato negli anni ‘10 – ad esempio – ricorda la gravità degli effetti della “Spending Review” voluta da Roma, alla faccia del nostro Statuto. Ad aggravare il quadro ci pensa poi lo stesso ISPRA. In una sua recentissima presentazione dal titolo “LA SITUAZIONE NORMATIVA DELLE REGIONI IN RELAZIONE ALLO SFRUTTAMENTO DELLE MATERIE PRIME CRITICHE”, in una slide presentata affermava che

1. Le Regioni, che esercitano una piena competenza amministrativa per il conferimento dei titoli minerari relativi alle materie prime critiche, applicano la legislazione statale vetusta e non possiedono le competenze tecniche e amministrative per autorizzare e controllarne la ricerca e lo sfruttamento.

2. Le stesse Regioni, per la gran parte. hanno una visione dell’interesse economico delle attività estrattive limitato alla singola realtà regionale, e non percepiscono, se non il qualche lodevole caso, l’interesse nazionale.

3. Gli interessi localistici, talvolta, sono prevalenti su quelli nazionali

Allora: il Movimento Casa Autonomia.eu si sente particolarmente legato ai valori dell’Autonomismo. Per questo non ce la sentiamo di lasciar passare in silenzio la questione.

Attraverso un’interrogazione daremo modo alla Giunta di spiegare se e dove i nostri dubbi sono fondati. Diversamente, sarà legittimo chiedersi se sia stato fatto tutto il possibile per poter tutelare gli interessi delle nostre valli e dei  concittadini che le abitano.

Lo facciamo mossi dal desiderio di stigmatizzare un duplice silenzio. Quello dell’amministrazione Provinciale sorprende poco. Si tratta ormai una triste realtà, sempre leale alle scelte di un governo statalista nazionalista. 

A sorprendere maggiormente però è invece l’atteggiamento degli autonomisti che per contratto a chiamata, siedono attualmente in Giunta provinciale. Sarà forse dovuto a questo il mutismo dei discendenti diretti di quegli storici autonomisti che furono schietti e genuini interpreti delle prerogative di autogoverno che un tempo abitavano il loro partito? Che fu ad esempio quello che subito si mosse sulle barricate in Val Rendena non appena era stata paventata un’ipotesi di avviamento di attività estrattiva di Uranio. 

“È colpa di Roma, ci dispiace, di più non si poteva fare” non può bastare L’unica risposta tollerabile è “se il Trentino non sarà d’accordo di nuova attività estrattive non se ne potrà parlare” E’ solo quest’ultima, l’unica risposta accettabile all’interrogazione che abbiamo appena depositato.

8 Settembre 2024 0 Commenti
0 FacebookTwitterLinkedin

Operazione “comunali” Cles. Tiene banco l’impatto sul traffico locale nella futura variante: e’ stato davvero valutato tutto con la dovuta attenzione? 

Da Paola Demagri 8 Settembre 2024

E’ di questo periodo l’attività di alcune persone responsabili che stanno gestendo a livello comunale un momento di ascolto per disegnare il futuro della comunità clesiana del prossimo decennio. Faccio parte anch’io di questo gruppo che tra le varie priorità si trova sempre più spesso a parlare della futura Variante di Cles. E nel mio ruolo di Consigliere provinciale avverto il doveroso impegno di rilanciare le preoccupazioni della Comunità alla quale sento di appartenere, all’agone della critica politica che è propria della sede istituzionale presso la quale opero.

Ebbene, come sappiamo i benefici di quest’opera sono attesi da anni. Si rifletteranno non solo sulle valli del Noce ma più ampiamente su quella parte di comunità Trentina e pletora di turisti che trovano sempre più trafficato e caotico l’attraversamento del nostro Centro di Valle. 

Di inizio lavori non se ne vede nemmeno lontanamente l’ombra. Eppure, il progetto è stato approvato anzi appaltato già qualche anno fa ma una serie di vicissitudini lo hanno portato a rimanere inevaso fino ai nostri giorni, 

Finora, l’unico vero concreto impegno in sei anni di amministrazione leghista è stato quello di piantare un cartello di inaugurazione all’entrata del paese quindici giorni prima delle ultime elezioni. Oggi finalmente pare sia in arrivo una soluzione a questa lunga attesa. La proposta, non sarà però scevra da ulteriori problemi. Il tracciato solcherà la borgata di Cles in particolare tra le frazioni  di Maiano e Dres. Queste belle località si dovranno dunque accollare il disagio paesaggistico ambientale e non solo, di questa importante arteria stradale. Pare tra l’altro che le modifiche progettuali recentemente inserite, oggetto di osservazioni in attesa di risposte,  peggioreranno il locale impatto dell’opera.

Ma senza entrare nel merito del perché o del per come si sia arrivati a questo tipo di variante ne approfittiamo per sottolineare che la zona è comunque già attraversata anche dal tratto ferroviario della Trento-Malè. Tanto sostenibile quanto fastidiosa mobilità poiché attraverso i suoi passaggi a livello ostruisce, verso Maiano, il passaggio da una parte all’altra della frazione anche per periodi superiori ai 20 minuti. Già qualche anno fa la comunità locale chiese la rimozione di questo disagio attraverso l’interramento.  Non poteva non balzare ai nostri occhi l’opportunità di valorizzare le risposte alle risorse risparmiate attraverso questo nuovo progetto in una forma di compensazione per il disagi alla località.  

C’è poi un ulteriore aspetto inquietante che è emerso in questo intertempo di attesa di avvio dei lavori. Gli errori amministrativi, le falle di un sistema di appalti e di progettazione abortite, riprese, variate nel tempo più e più volte dal loro aspetto originale, avrebbero almeno dovuto manifestare il pregio di risolvere alcuni dei problemi originali. 

Ed ecco invece che il traffico ferragostano, le interminabili code di veicoli di provenienza solandra hanno fatto accendere più di un lume nel pensiero di tanti cittadini. Pare infatti che la nuova progettata variante presenterà ben tre nuove rotatorie. Immettendosi tra l’altro, poco prima di un complicatissimo vialone a tre corsie che dovrebbe regolare gli accessi ai centri commerciali. L’intrico di carreggiate finirebbe soltanto per aggiungersi alle probabili tre rotatorie che a quanto pare dovrebbero caratterizzare la nuova variante, quando anzi – chissà quando – entrerà in funzione. Ci chiediamo se davvero tre rotatorie, sicure origini di vari stop&go e rallentamenti, siano davvero parte integrante ed inamovibile di un progetto già approvato? E qualora così fosse, ci chiediamo se sono state davvero prese in considerazione tutte le simulazioni di traffico futuro per capire quanto incida sul rallentamento del flusso veicolare, questa probabile soluzione a triplice rotatoria?

8 Settembre 2024 0 Commenti
0 FacebookTwitterLinkedin

Ius scholae: il pensiero di Luigi Panizza

Da Paola Demagri 27 Agosto 2024

Se, mi è lecito, visto che il tempo non mi manca, avvalendomi dell’esperienza fatta nel mondo della scuola come preside e politicamente come ex assessore provinciale all’istruzione e formazione professionale, mi inserisco nel dibattito in corso relativamente al problema dello “ius scholae”. Mi ha colpito in modo particolare quanto apparso su questo giornale venerdì 23 u.s. Da una parte si legge il pensiero unanime di dirigenti di vari ordini e gradi di scuola che condividono e appoggiano l’iniziativa nazionale di approvare la proposta di legge dello “ius scholae” (diritto alla scuola) a favore dei figli di genitori stranieri e dall’altra il pensiero dell’assessora all’Istruzione Gerosa che dichiara l’argomento un “non tema“. Quindi neanche degno di discussione e quindi si deve lasciare tutto com’è attualmente.

Allora, per chiarezza, vediamo prima, in sintesi,  cosa dice la legge vigente sulla cittadinanza per i figli di genitori stranieri. La legge di riferimento è la n.91 del 1992, che si basa sul c.d. “ius sanguinis”, cioè la trasmissione della cittadinanza italiana da genitore a figlio. La legge dice che I figli di cittadini stranieri che nascono in Italia e vi risiedono ininterrottamente fino al compimento della maggiore età possono, entro un anno dal compimento dei 18 anni, dichiarare di voler acquisire la cittadinanza. I tempi burocratici per ottenerla, tuttavia, vanno dai tre ai 4 anni. 

Cosa prevede invece la proposta dello “ius scholae”? Eccone il contenuto: l’acquisizione della cittadinanza italiana da parte del minore straniero che sia nato in Italia o vi abbia fatto ingresso entro il compimento del dodicesimo anno di età è concessa purché questi risieda legalmente in Italia, e abbia frequentato regolarmente, per almeno 5 anni nel territorio nazionale , uno o più cicli scolastici presso istituti appartenenti al sistema nazionale di istruzione e formazione professionale idonei al conseguimento di una qualifica professionale. Nel caso in cui la frequenza riguardi la scuola primaria, è necessario aver concluso positivamente il corso medesimo”. 

Vediamo ora i cambiamenti che ci sarebbero fra la legge vigente e quella in discussione. Allo stato attuale, difatti, benché nati e cresciuti in Italia, i figli di immigrati sono considerati stranieri, per tale ragione, ad essi è preclusa la possibilità di fare cose ed accedere ad attività essenziali per un corretto sviluppo dell’individuo e della sua personalità. I ragazzi, nati in Italia da genitori stranieri o arrivati in Italia da piccolissimi, dipendono fino alla maggiore età dal permesso dei genitori: se il permesso scade e se i genitori perdono il lavoro, loro diventano irregolari. Fino al raggiungimento della maggiore età alcuni ragazzi non possono iscriversi a campionati sportivi in cui esistono limitazioni per i giocatori stranieri. I viaggi all’estero devono essere preceduti dalla verifica della necessità di avere o meno il passaporto italiano o un visto. Se volessero andare all’estero con una borsa di studio per un’esperienza formativa più lunga di 12 mesi, perderebbero automaticamente la carta di soggiorno e dovrebbero intraprendere una lunga e complessa trafila per richiederla. Inoltre questi ragazzi non possono né votare, né candidarsi e nemmeno partecipare a numerosi concorsi pubblici o visite culturali.

Da quanto detto risulta evidente la discriminazione fra studenti con cittadinanza italiana e non. E ciò che stride e stona di più è che questo avvenga proprio nella scuola che ha il compito di educare all’uguaglianza, all’inclusione, all’apertura, alla socialità e alla mondialità. A questo punto mi chiedo e chiedo all’assessora all’Istruzione Gerosa se è proprio vero che lo “ius scholae” non è un tema da affrontare. Capisco la sua difficoltà politica, ma non può nemmeno ignorare cosa dicono e ne pensano gli “addetti ai lavori”, cioè il mondo della scuola. Forse è stata un po’ troppo tempestiva nell’esprimersi. Ho ricoperto anch’io il ruolo che svolge. Non è semplice e facile e proprio per questo l’ascolto è molto importante. Per quanto riguarda l’accostamento agli altri Stati Europei (quanti e quali) che sarebbero più severi di noi, questo è da dimostrare. E , ammesso e non concesso, che fosse anche vero, non sarebbe un merito fare i pionieri nelle cose buone e giuste?

Chiudo, facendo tanti auguri per il bene della scuola all’assessora Gerosa e chiedo scusa se mi sono permesso una correzione solo e puramente fraterna. L’ho fatto solo per il bene che voglio ancora alla scuola e ai suoi utenti, in particolare, in questo caso, ai figli di genitori stranieri.

Luigi Panizza ex Assessore provinciale all’Istruzione e componente “Casa Autonomia E.U.

27 Agosto 2024 0 Commenti
0 FacebookTwitterLinkedin

Casaautonomia riflette sulla gestione dei migranti in Trentino.

Da Paola Demagri 18 Agosto 2024

Paola Demagri Consigliera provinciale MCA

Valentino Inama Coordinatore Giovani MCA

Lo spunto di riflessione da cui partire è il saggio Vite Ferme del prof. Paolo Baccagni dell’Università degli Studi di Trento che sottolinea come la segregazione residenziale dei richiedenti asilo non sia solo antieconomica per i conti pubblici ma non produca nemmeno integrazione. L’integrazione implica – ricordiamolo – un processo di inserimento nel contesto sociale e cioè nel conoscere anche le regole tipiche della nostra convivenza civile. 

Ignorare le caratteristiche delle regole della nostra società civile provoca incomprensioni che spesso arrivano a sfociare in disagi per la popolazione locale producendo così una becera retorica del “noi e loro”.

Il prof. Baccagni in un’intervista rilasciata sul giornale “l’Adige” domenica 19 maggio 2024 parla anche di una “bolla” in cui vivono i richiedenti asilo.  Immaginiamoci per un’attimo di essere noi in questa bolla, “ospitati” in una struttura per settimane, mesi, anni senza poter lavorare, senza nulla da fare, senza conoscere il mondo che ci circonda. Cosa faremmo? 

Inutile scomodare la piramide di Maslow e parlare dei bisogni umani con riferimenti accademici: non c’è solo il cibo, il vestiario e l’assistenza medica nella vita di una persona. Dovremmo parlare di senso di appagamento, di senso d’efficacia e via discorrendo. Il Baccagni sottolinea nel suo saggio come questo “parcheggio sovraffolato” rappresentato dalle residenze per migranti, produce frustrazione nelle persone che vi risiedono ed – aggiungiamo – a chi vi lavora, e a chi come noi ha un pensieri positivo verso i migranti. Non sta  a noi giudicare il buono o il cattivo!

Per un’attimo però fermiamoci: fermiamo le c.d. narrative “buoniste” che edulcolorano da un punto di vista emotivo-empatico il problema migratorio e poniamoci il problema con un approccio analitico sulla base di dati politici, economici e sociali. Per un attimo sospendiamo quindi lo show atto sul tema ( tipico di una certa area politica) e quindi ragioniamo.

Un primo dato è rappresentato dalla volontà della Giunta di attuare una “spending review” sui progetti di accoglienza. Altro dato sono i disagi del capoluogo dove tutti i richiedenti asilo ed i migranti in ospitalità temporanea sono stati ammassati selvaggiamente senza alcuna prospettiva di interazione costruttiva con la società che li circonda.

Volendo rispettare il primo dato vogliamo quindi sottoporre una riflessione alla Giunta provinciale per un piano di gestione e d’accoglienza che cerchi sì di risolvere l’eccessiva presenza di migranti nel capoluogo ma che cerchi anche di rendere queste persone delle risorse sul territorio inserendole in un programma quanto più economicamente sostenibile.

Tenere persone rinchiuse in una struttura pubblica a non fare nulla o non dare loro gli strumenti per interagire in maniera costruttiva a cosa  può portare? Cosa si vuole ottenere lasciandoli alla deriva ed in balia di sé stessi? Per noi questo significa essere ideatori e promotori di problemi che un tempo, non molto lontano, erano Governati e Gestiti.

L’approccio che si deve utilizzare è quello per cui “non è un problema se non ha una soluzione” e quindi se non si vuole affermare che la politica trentina non sa che fare per fermare i disagi nel capoluogo cerchiamo di portare avanti una soluzione condivisa rispettando le necessità del territorio, gli obblighi morali a cui – più volte – il Santo Padre ci ha richiamati.

Spostare  persone o famiglie migranti dal capoluogo ai territori non è di per sé una risposta se non accompagnata da un piano d’inserimento e d’integrazione. Ragioniamo quindi sulle barriere tra le persone migranti e la società trentina: la prima barriera è quella linguistica, servono corsi intensivi di lingua; la seconda barriera è quella socio-culturale, serve educazione civica, netiquette e la presenza di mediatori culturali; la terza barriera è la carenza di una professionalità a cui serve sopperire con un avviamento al lavoro. Pensiamo a settori come l’agricoltura, la zootecnia, il turismo dove vi è una grave carenza  di lavoratori.

Tuttavia, l’obiettivo di questi progetti di accoglienza decentrata deve essere quello di rendere queste persone economicamente autosufficienti, consapevoli delle principali norme giuridiche e sociali della nostra società. 

In questa riflessione non abbiamo scomodato il dato più scientifico che ci sia, quello demografico. Solo questo basterebbe per decidere di cambiare la rotta della nave demografica dove il progressivo invecchiamento della popolazione trentina e la denatalità tanto bastano per sapere già oggi quale sarà il domani. 

18 Agosto 2024 0 Commenti
0 FacebookTwitterLinkedin
Post più recenti
Post meno recenti

PAOLA DEMAGRI

Perchè essere presenti? Per portarti e per proporti la possibilità di seguirmi.

PAGINE

BIOGRAFIA

IDEE E PROPOSTE

ATTI POLITICI

CONTATTI

paola.demagri@consiglio.provincia.tn.it

paola.demagri@gmail.com

paola.demagri@pec.it

+39 329 1436765

+39 0461 227323

Social

Facebook Twitter Instagram Linkedin Youtube Whatsapp

@2025 - All Right Reserved. Designed and Developed by JLB Books sas

Paola Demagri
  • BIOGRAFIA
  • IDEE E PROPOSTE
  • PROGRAMMA ED EVENTI
  • ATTI POLITICI
  • RASSEGNA STAMPA
  • CONTATTI