

Che l’insoddisfazione verso il servizio sanitario locale regni sovrana, è fatto notorio. Sembra quasi che l’Autonomia statutaria della quale siamo dotati nulla abbia potuto contro un declino sempre più palese. Da qualche anno, la situazione sembra piuttosto peggiorare. Nemmeno il ricorso ai privati, nel tentativo di recuperare liste d’attesa drammaticamente inevase, ha dato i risultati sperati.
Nel frattempo, tuttavia, il sistema medico non è rimasto a guardare cercando da sempre comunque, di adottare le migliori pratiche che la comunità scientifica internazionale mette a nostra disposizione. Un esempio tra tutti: si tratta di un nuovo metodo per gestire la riabilitazione post-operatoria di protesi totale al ginocchio. Nonostante la cronaca abbia rilevato qualche lieve preoccupazione di natura politica, la scienza può senz’altro affermare che le scelte attuali in materia di riabilitazione sono il risultato di analisi approfondite e di evidenze consolidate e non certo di una mera riduzione dei servizi disponibili.
Il passaggio verso un modello di riabilitazione ambulatoriale non rappresenta una diminuzione della qualità dell’assistenza, ma un tentativo di rispondere in modo più efficiente alle esigenze di un sistema sanitario in evoluzione. Le ricerche dimostrano infatti che la riabilitazione ambulatoriale può essere altrettanto efficace, se non di più, rispetto alla riabilitazione in degenza, specialmente per pazienti con condizioni generali favorevoli e un adeguato supporto sociale. Questo approccio consente di liberare risorse ospedaliere per i pazienti che necessitano di cure più intensive, contribuendo a un utilizzo più equo e sostenibile delle risorse sanitarie.
Inoltre, l’adozione di un modello riabilitativo “esterno” permette di soddisfare con maggiore rapidità la crescente domanda di interventi protesici, un’esigenza in costante aumento a causa dell’invecchiamento della popolazione e della maggiore attività fisica. Questo approccio non solo migliora l’efficienza del sistema sanitario, ma consente anche ai pazienti di ricevere cure in tempi più brevi, garantendo un recupero più rapido. La riduzione della degenza in ambienti promiscui contribuisce inoltre a diminuire il rischio di infezioni nosocomiali complicanze legate all’ospedalizzazione.
La riabilitazione ambulatoriale, studi alla mano, offre risultati migliori in termini di soddisfazione del paziente e suo recupero funzionale rispetto alla riabilitazione in degenza (Vogt et al., 2020; Kellett et al., 2019; Ustead et al., 2020).
Certo, è essenziale che i pazienti siano informati sulle potenzialità di queste nuove modalità di intervento, con un sistema di assistenza ben strutturato. Le sedute devono essere tempestive e in numero adattabile alle necessità specifiche dei pazienti.
Da questo esempio ben si comprende perché le politiche sanitarie debbano basarsi su un’analisi costante delle evidenze e delle migliori pratiche, piuttosto che su un confronto diretto con altre regioni, che potrebbero avere invece caratteristiche demografiche e sanitarie diverse. Le decisioni devono essere guidate da un principio di equità nell’accesso alle cure. La riorganizzazione dei servizi, specie facendo ricorso alle prerogative della nostra Autonomia, deve essere vista come un’opportunità per migliorare l’assistenza, integrando innovazioni e rispondendo alle esigenze di un sistema in evoluzione. Solo attraverso un dialogo aperto e collaborativo tra gli attori del sistema sanitario, i professionisti e i cittadini è possibile garantire che le scelte siano realmente al servizio della popolazione.
Il caso dunque di un cambio di approccio alla riabilitazione post-operatoria è almeno una prima piccola risposta ai mille quesiti che il Trentino deve porre alla nuova Sanita post Covid. L’obiettivo deve essere quello di un livello adeguato di cura, integrando innovazioni e rispondendo alle esigenze di un sistema in evoluzione. Solo attraverso un approccio informato e collaborativo è possibile garantire il miglioramento della salute e del benessere dei cittadini. Da qui si evince che il ricorso al privato o la costruzione di una nuova struttura ospedaliera a nulla serviranno se non supportate dall’ascolto di una classe medica sempre attenta e propositiva – verso politica e cittadini – di nuovi modelli di cura e approccio alle patologie. Che la politica ascolti e agisca di conseguenza, che i cittadini siano più attenti a scegliere una classe politica adeguata.
Consigliera Provinciale Casaautonomia.eu
Paola Demagri
Ricorso al privato, Sanità 4.0 e NOT, basteranno a colmare le precarietà del sistema sanitario trentino?
Che l’insoddisfazione verso il servizio sanitario locale regni sovrana, è fatto notorio. Sembra quasi che l’Autonomia statutaria della quale siamo dotati nulla abbia potuto contro un declino sempre più palese. Da qualche anno, la situazione sembra piuttosto peggiorare. Nemmeno il ricorso ai privati, nel tentativo di recuperare liste d’attesa drammaticamente inevase, ha dato i risultati sperati.
Nel frattempo, tuttavia, il sistema medico non è rimasto a guardare cercando da sempre comunque, di adottare le migliori pratiche che la comunità scientifica internazionale mette a nostra disposizione. Un esempio tra tutti: si tratta di un nuovo metodo per gestire la riabilitazione post-operatoria di protesi totale al ginocchio. Nonostante la cronaca abbia rilevato qualche lieve preoccupazione di natura politica, la scienza può senz’altro affermare che le scelte attuali in materia di riabilitazione sono il risultato di analisi approfondite e di evidenze consolidate e non certo di una mera riduzione dei servizi disponibili.
Il passaggio verso un modello di riabilitazione ambulatoriale non rappresenta una diminuzione della qualità dell’assistenza, ma un tentativo di rispondere in modo più efficiente alle esigenze di un sistema sanitario in evoluzione. Le ricerche dimostrano infatti che la riabilitazione ambulatoriale può essere altrettanto efficace, se non di più, rispetto alla riabilitazione in degenza, specialmente per pazienti con condizioni generali favorevoli e un adeguato supporto sociale. Questo approccio consente di liberare risorse ospedaliere per i pazienti che necessitano di cure più intensive, contribuendo a un utilizzo più equo e sostenibile delle risorse sanitarie.
Inoltre, l’adozione di un modello riabilitativo “esterno” permette di soddisfare con maggiore rapidità la crescente domanda di interventi protesici, un’esigenza in costante aumento a causa dell’invecchiamento della popolazione e della maggiore attività fisica. Questo approccio non solo migliora l’efficienza del sistema sanitario, ma consente anche ai pazienti di ricevere cure in tempi più brevi, garantendo un recupero più rapido. La riduzione della degenza in ambienti promiscui contribuisce inoltre a diminuire il rischio di infezioni nosocomiali complicanze legate all’ospedalizzazione.
La riabilitazione ambulatoriale, studi alla mano, offre risultati migliori in termini di soddisfazione del paziente e suo recupero funzionale rispetto alla riabilitazione in degenza (Vogt et al., 2020; Kellett et al., 2019; Ustead et al., 2020).
Certo, è essenziale che i pazienti siano informati sulle potenzialità di queste nuove modalità di intervento, con un sistema di assistenza ben strutturato. Le sedute devono essere tempestive e in numero adattabile alle necessità specifiche dei pazienti.
Da questo esempio ben si comprende perché le politiche sanitarie debbano basarsi su un’analisi costante delle evidenze e delle migliori pratiche, piuttosto che su un confronto diretto con altre regioni, che potrebbero avere invece caratteristiche demografiche e sanitarie diverse. Le decisioni devono essere guidate da un principio di equità nell’accesso alle cure. La riorganizzazione dei servizi, specie facendo ricorso alle prerogative della nostra Autonomia, deve essere vista come un’opportunità per migliorare l’assistenza, integrando innovazioni e rispondendo alle esigenze di un sistema in evoluzione. Solo attraverso un dialogo aperto e collaborativo tra gli attori del sistema sanitario, i professionisti e i cittadini è possibile garantire che le scelte siano realmente al servizio della popolazione.
Il caso dunque di un cambio di approccio alla riabilitazione post-operatoria è almeno una prima piccola risposta ai mille quesiti che il Trentino deve porre alla nuova Sanita post Covid. L’obiettivo deve essere quello di un livello adeguato di cura, integrando innovazioni e rispondendo alle esigenze di un sistema in evoluzione. Solo attraverso un approccio informato e collaborativo è possibile garantire il miglioramento della salute e del benessere dei cittadini. Da qui si evince che il ricorso al privato o la costruzione di una nuova struttura ospedaliera a nulla serviranno se non supportate dall’ascolto di una classe medica sempre attenta e propositiva – verso politica e cittadini – di nuovi modelli di cura e approccio alle patologie. Che la politica ascolti e agisca di conseguenza, che i cittadini siano più attenti a scegliere una classe politica adeguata.
Oggi su richiesta delle minoranze consiliari la Quarta Commissione permanente ed alcuni altri/e consiglieri/e sono stati in visita alla residenza Fersina.
Innanzitutto va detto che per potervi accedere abbiamo atteso a lungo perché arrivasse il nulla osta dal Commissariato del Governo, come prevede la norma. Norma che di fatto rende i Centri di accoglienza straordinaria meno accessibili da parte dei consiglieri provinciali persino di carceri e CPR.
Un’autorizzazione alla visita che incomprensibilmente ha tuttavia escluso la possibilità di accesso agli spazi “alloggiativi” delle persone ospitate – le stanze – il che ha reso la visita del tutto parziale rispetto alla possibilità di verificare le reali condizioni di vita all’interno.
Tra i pochi spazi visitati, va denunciato lo stato dei bagni, eufemisticamente indecoroso quanto insalubre per la presenza di alcuni wc e “turche” inagibili, di alcune parti di pareti significativamente piene di muffe verdastre e umidità che impongono la necessità di tenere aperte le finestre per arieggiare da maleodoranti odori stagnanti, con anche alcuni controsoffitti mancanti. Alcuni ragazzi richiedenti protezione internazionale ospitati nella Residenza ci hanno raccontato delle ragioni che li hanno mossi ad intraprendere un viaggio dal Marocco all’Italia attraverso la rotta balcanica: la più che legittima volontà di migliorare le proprie condizioni di vita. Per le persone lì residenti la priorità è imparare la lingua – un servizio non offerto in modo strutturale dalla Provincia dentro la struttura – per poter lavorare e trovare una casa. Ci hanno riferito delle difficoltà a trovare un lavoro con un permesso di soggiorno temporaneo. I responsabili della cooperativa Kaleidoscopio che si occupa dell’accoglienza nella Residenza Fersina ci hanno raccontato delle “fratture esistenziali” che affliggono larga parte delle persone accolte. Fratture esistenziali politraumatiche, esito non solo delle esperienze di vita nei luoghi di origine, ma anche sviluppate in ragione della permanenza “in strada” vivendo in Italia e nel nostro territorio in condizioni di marginalità sociale oggettiva, in attesa che si liberi un posto in accoglienza. Fratture esistenziali che purtroppo, se non accolte e supportate prontamente con interventi e strategie adeguate possono essere certamente fattori concorrenti a comportamenti di devianza sociale, che minano anche la convivenza nella Residenza Fersina.
Una visita quella odierna che -ove ancora ve ne fosse necessità rispetto alle evidenza già ampiamente riscontrate – dimostra l’urgenza di ripristinare un modello di accoglienza che non concentri le persone in una sola struttura (la Fersina è una delle più grandi d’Italia), riappropriandosi di quell’accoglienza diffusa che non solo garantisca la tutela e i diritti fondamentali delle persone richiedenti protezione internazionale, ma che altresì garantisca maggiori risultati rispetto all’integrazione e quindi, anche, alla sicurezza sociale. Ma anche nell’ottica di dare maggiori opportunità di lavoro: la sera vi è l’obbligo di rientrare in struttura e questo impedisce ai ragazzi lì ospitati di lavorare nelle valli, mentre albergatori e imprese continuano a non trovare personale.
Un assurdo continuare con questo insensato concentramento sul capoluogo che è un incaponimento ideologico del Presidente. Infine una riflessione sulla normativa che regolamenta le migrazioni. I ragazzi marocchini che abbiamo avuto l’opportunità di ascoltare si stanno impegnando per integrarsi e lavorare nel territorio. Un investimento che rischia di non dare i frutti sperati e di mandare in frantumi le speranze delle persone richiedenti protezione internazionale, visto che le chance di una persona marocchina di vedersi riconosciuto l’asilo o la protezione sussidiaria sono davvero poche.
Un assurdo perdere persone che si sono inserite nel territorio, che un tempo avrebbero avuto qualche speranza di restare grazie alla protezione speciale cancellata dal Governo Meloni.
Foto Cristina Gottardi
Sfruttamento delle materie prime critiche: non è che Roma stia mettendo i piedi in testa alla nostra Autonomia?
Approvato con modifiche, in una calda giornata romana nella vigilia di Ferragosto, il DL 84 contiene disposizioni urgenti sulle materie prime critiche di interesse strategico.
Come noto, si tratta di un argomento nazionale che possiede risvolti anche a livello locale. Tant’è che i politici nostrani, si badi bene solo quando stimolati dalla stampa, hanno costantemente teso a minimizzare le preoccupazioni. Eppure, le informazioni a livello locale e nazionale ne stimolano non poche nonostante, nel decreto appena editato, ci sia un incipit che potrebbe lasciare tutti tranquilli.
Lì, si dice infatti che le disposizioni del presente decreto si applicano nelle Regioni a Statuto Speciale e nelle Province autonome di Trento Bolzano compatibilmente con le disposizioni dei rispettivi Statuti e relative a norme di attuazione.
A riportare le nubi sul cielo delle speranze trentine, tuttavia, ci pensa subito il comma 3 dell’articolo 2. Da lì si evince infatti che possono esistere progetti riconosciuti come strategici dalla Commissione Europea che assumono la qualità di progetti di pubblico interesse nazionale. Comprensivi di opere e interventi necessari per la loro realizzazione, sono considerati di pubblica utilità dunque indifferibili ed urgenti
L’articolo 3 afferma poi che la realizzazione di progetti strategici va presentata al “punto unico di contatto” presso il Mase che sente in maniera non vincolante le amministrazioni locali e rilascia le concessioni.
Al comma 2 si parla dell’autorizzazione unica rilasciata dalla competente direzione generale del Ministero delle imprese e del made in Italy: MIMIT. E’ il Dicastero alle dirette dipendenze del ministro Urso, uno, non proprio autonomista nel DNA politico
Comprendiamo che queste nostre considerazioni possano essere tacciate di allarmismo.
Più e più volte tuttavia abbiamo visto Roma tentare di mettere da parte i dettami della nostra Autonomia. Non solo chi ha governato negli anni ‘10 – ad esempio – ricorda la gravità degli effetti della “Spending Review” voluta da Roma, alla faccia del nostro Statuto. Ad aggravare il quadro ci pensa poi lo stesso ISPRA. In una sua recentissima presentazione dal titolo “LA SITUAZIONE NORMATIVA DELLE REGIONI IN RELAZIONE ALLO SFRUTTAMENTO DELLE MATERIE PRIME CRITICHE”, in una slide presentata affermava che
1. Le Regioni, che esercitano una piena competenza amministrativa per il conferimento dei titoli minerari relativi alle materie prime critiche, applicano la legislazione statale vetusta e non possiedono le competenze tecniche e amministrative per autorizzare e controllarne la ricerca e lo sfruttamento.
2. Le stesse Regioni, per la gran parte. hanno una visione dell’interesse economico delle attività estrattive limitato alla singola realtà regionale, e non percepiscono, se non il qualche lodevole caso, l’interesse nazionale.
3. Gli interessi localistici, talvolta, sono prevalenti su quelli nazionali
Allora: il Movimento Casa Autonomia.eu si sente particolarmente legato ai valori dell’Autonomismo. Per questo non ce la sentiamo di lasciar passare in silenzio la questione.
Attraverso un’interrogazione daremo modo alla Giunta di spiegare se e dove i nostri dubbi sono fondati. Diversamente, sarà legittimo chiedersi se sia stato fatto tutto il possibile per poter tutelare gli interessi delle nostre valli e dei concittadini che le abitano.
Lo facciamo mossi dal desiderio di stigmatizzare un duplice silenzio. Quello dell’amministrazione Provinciale sorprende poco. Si tratta ormai una triste realtà, sempre leale alle scelte di un governo statalista nazionalista.
A sorprendere maggiormente però è invece l’atteggiamento degli autonomisti che per contratto a chiamata, siedono attualmente in Giunta provinciale. Sarà forse dovuto a questo il mutismo dei discendenti diretti di quegli storici autonomisti che furono schietti e genuini interpreti delle prerogative di autogoverno che un tempo abitavano il loro partito? Che fu ad esempio quello che subito si mosse sulle barricate in Val Rendena non appena era stata paventata un’ipotesi di avviamento di attività estrattiva di Uranio.
“È colpa di Roma, ci dispiace, di più non si poteva fare” non può bastare L’unica risposta tollerabile è “se il Trentino non sarà d’accordo di nuova attività estrattive non se ne potrà parlare” E’ solo quest’ultima, l’unica risposta accettabile all’interrogazione che abbiamo appena depositato.
La minoranza consiliare dell’Alleanza Democratica Autonomista esprime soddisfazione per la convergenza che Federazione della Cooperazione e sigle sindacali stanno trovando per il rinnovo del contratto integrativo della cooperazione sociale. Questo permetterà da un lato di riqualificare l’offerta dei servizi sociali, socio-assistenziali e socio-educativi e dall’altra di dare risposte alla perdita di potere d’acquisto di lavoratori e lavoratrici della cooperazione sociale e arrestarne la fuga verso il privato, le RSA e l’APSS, cosa che ha già iniziato a mettere in difficoltà i servizi sociali territoriali.
Ora serve che il Presidente Fugatti stanzi le risorse per dare copertura agli aumenti contrattuali e permettere così che si arrivi a siglare l’accordo tra Cooperazione e sindacati. Sono anni che chiediamo che si stanzino queste risorse, con oltre un miliardo di euro in assestamento non ci sono più alibi: se i salari sono realmente una priorità per la Giunta, questo è il momento per dimostrarlo.
Anche su questo faremo sentire la nostra voce in Aula durante la discussione dell’assestamento di bilancio.
I provvedimenti della politica nazionale di queste ore impongono al Movimento Casa Autonomia.eu una forte presa di posizione. Anche se l’Autonomia differenziata come fin qui approvata sembrerebbe più un provvedimento “Manifesto” che una solida realtà normativa sulla quale discutere. Questo perché la parte leghista del governo Meloni la fa passare in un momento storico in cui, in Trentino, i vecchi autonomisti identitari, quelli che dovrebbero ergersi a paladini delle prerogative del pensiero autonomista, stanno invece zitti zitti, sotto la gonna di lega e fratelli d’Italia locali. Sono, loro stretti alleati anche qui a livello provinciale, come sappiamo in funzione delle nomine di governo ricevute. Così accontentati, non li sentirete sollevare la minima critica. Da qui partono allora responsabilità e coerenza di MCA.eu, gli autonomisti della compagine di centro-sinistra. Parliamo di questo provvedimento allora. Critiche – a tratti in maniera scontata – le minoranze, esultanti – spesso a sproposito – i leghisti. Ai più, non sarà poi sfuggito il tiepido atteggiamento del Fratelli italiani nonstante ci sia un preciso accordo elettorale che tiene in piedi il governo nazionale. Ma si sa, l’A. Diff. è un provvedimento che interessa soltanto alla lega. I Fratelli sono focalizzati sul presidenzialismo.
E qui si apre la prima considerazione critica verso un provvedimento che di per sé, fosse realistico e applicabile potrebbe contenere numerose buone novità. Comunque, considerando i reciproci rapporti di forza tra le due compagini di governo possiamo immaginare quanto poca cura e interesse manifesterà FDI nel portare avanti la partita oltremodo complessa dei decreti attuativi. Perché al di là delle giuste preoccupazioni sulle disparità che potrebbero manifestarsi in corso d’opera, per poter procedere all’attuazione di questa norma è necessario individuare i famosi livelli essenziali di prestazione. Ma non solo perché poi questi devono venir riconosciuti insieme alle risorse idonee a poterli ridistribuire in maniera sufficientemente equa. E sul terreno dell’equità tra nord e sud, l’attuazione troverà le forche caudine dei parlamentari del sud.
Dal punto di vista politico, elettorale e di voto dentro al parlamento, il meridione è sempre stato molto forte. Posso citare ad esempio il fatto che cinque regioni del sud hanno avuto la forza storica di introitare il 45% dei quasi 10 miliardi che la Politica agricola comunitaria aveva messo a disposizione dell’Italia ad ogni programmazione passata. Le altre 14 regioni e due Province autonome si suddividevano in sedici il restante 55.
Immaginatevi quando si cominciassero a toccare argomenti come sanità e welfare. Tant’è che anche solo in questa fase di voto pare che Salvini ci abbia rimesso fin da subito del gran consenso in Calabria, proprio a causa della contrarietà dei parlamentari di destra di quella regione. Tutto fa pensare però che gli annunci proseguiranno, senza conseguenze e peggio, senza risultato. Buon per noi, buon per l’Autonomia trentina che alle sceneggiate della lega ci ha fatto il callo. Ricordiamo tutti un fatto di cronaca politica del quale il web da facile traccia. E’ accaduto casualmente il 21 giugno ma di ben 13 anni fa. L’accordo di allora era con il governo del momento, quello del Cavaliere nazionale. Il ministro, lo stesso. Stesse scene, stessi annunci che il tempo finì per consegnare ad un nulla di fatto. Bene dunque che vi sia un’opposizione forte che sottoporrà al referendum questo atto politico dato da digerire d’imperio agli italiani, altrettanto bene che sia consegnato al percorso legislativo col solito atteggiamento leghista che ormai conosciamo anche qui in Trentino. Basti osservare come è stata gestita dalla lega trentina prima di opposizione e poi di governo, la partita dei Grandi carnivori.
Dai banchi dell’opposizione avrebbero spaccato il mondo. Nella prima fase di governo hanno annunciato tutto ed il contrario di tutto, senza portare a casa niente tranne una gestione che ha coltivato paure e purtroppo tragedie. Oggi, a sei anni di distanza provano a ripartire rimettendo in piedi – e male – tutto quello che avevano smantellato sei anni fa ereditato dalle persone coscienti e competenti che avevano lasciato loro.
Come noto, anche il nostro Movimento civico provinciale ha voluto confrontarsi con l’ampia dimensione della kermesse elettorale europea. Col suffisso “.eu” nel proprio nome non poteva esimersi da questo compito. Avvertiamo infatti come molto forte il bisogno di ispirarci a quel PPTT.ue di passata memoria. Fautore di un autonomismo di respiro europeo già da una sua precocissima intuizione.
Onestà vuole – benché questa sia una dote che a quanto pare in politica non serve più – che si ammetta il risultato ottenuto come piuttosto deludente. Non tanto a livello locale dove AZIONE ha ottenuto i migliori risultati del suo livello nazionale, quanto piuttosto all’esito complessivo. Dove, come osservato, a sbancare sono state le Destre, anzi, le “Ultradestre”. Movimenti da far sembrare la nostra Giorgia nazionale una novellina di quella parte di Arco costituzionale.
Ed è proprio lei a guidare l’elenco delle nostre delusioni. Con la conferma della fiducia verso il “melonismo” da parte di tutti gli italiani, abbiamo ormai tutti la certezza che a vincere in politica è più importante avere doti da showgirl che portare a casa risultati concreti. Al netto del fatto che far questo, in Italia, è ormai praticamente impossibile.
Potrebbe essere diverso qui in Trentino. Invece, tutti i problemi degli scorsi cinque anni sono stati spazzati come polvere sotto al tappeto. Col suo gran girovagare, la Giunta provinciale ha preferito mescolare polente alle sagre paesane e tagliar nastri di ogni ordine e genere. Non importa se i lavori pubblici sono al palo, se in agricoltura vanno bene soltanto un paio di cooperative e sul resto regna il buio, se la sanità va come va, se i giovani scappano all’estero (ma da li poi, votano verde!). In Italia l’importante è esser presenti in TV ed in Trentino al maggior numero di manifestazioni possibile.
Un secondo elemento di insoddisfazione che le urne nazionali hanno certificato, è la litigiosità dei movimenti di Centro. Fin quando Renzi e Calenda non si faranno da parte o smetteranno di litigare quei Partiti davvero centrali e moderati non avranno la possibilità di decollare.
Per Casa Autonomia.eu il test è comunque andato bene. Le persone che ci hanno sostenuto alle provinciali hanno risposto altrettanto bene anche in questa tornata. Di certo sarà necessario far tesoro degli aspetti che non hanno funzionato per affrontare al meglio la prossima
Nel frattempo possiamo consolarci con Rovereto, città tradizionalmente di centro-sinistra dove il risultato però, era tutt’altro che scontato. Abbiamo vinto certificando lo scarso valore elettorale che hanno dimostrato le attuali scelte del Patt. Anche a Rovereto infatti, gli Autonomisti di Panizza hanno voluto continuare nel solco del loro voltafaccia al centro-sinistra. Dopo un quarto di secolo di collaborazione col csx la dirigenza del PATT affamata più di poltrone che di destra, tiene ben salde le poche tessere rimaste, da quella parte dell’arco costiutuzionale. Così se in passato per le elezioni comunali non dava nessuna indicazione precisa di Alleanza, da quando hanno ottenuto qualche posto di potere (su nomina diretta di Fugatti) le vecchie stelle alpine hanno cambiato stile. Ora gli ordini di scuderia sono di stare dove stanno i partiti di destra. Nonostante pubblicamente il loro Segretario provi a dissimulare con parole di apertura a tutti i fronti (risultando poco credibile)
Ecco perché al Centro sinistra gli autonomisti progressisti di MCA.eu fanno assai bene. Colmano quel bisogno di voto locale che incarna i valori di quello che un tempo, fu il PATT. Una sfida che siamo già pronti a correre ad urne europee ancora “calde”. In settimana incontreremo il nostro direttivo e in seguito allargheremo le riflessioni emerse alla Assemblea dei soci.. La data delle elezioni 2025 pare difficilmente procrastinabile rispetto alla naturale scadenza di maggio e dunque entro la fine dell’anno la maggior parte dei candidati sindaci di maggior rilievo saranno già notizia di cronaca. E noi ci saremo.
La scena politica è dominata da personalismi e queste elezioni europee si stanno trasformando in una gara di popolarità tra i vari leader nazionali. Ciò dovrebbe preoccuparci perché anziché portare avanti nelle istituzioni europee idee, proposte e riflessioni, si arriva al punto il cui obiettivo è quello di “piazzare” nomi con le elezioni e poi… post elezioni far calare il silenzio. E’ serio questo? A noi non sembra e di qui – citando lo stesso Raffaelli – “non faremo una grande rissa sulla politica interna”.
Le elezioni europee 2024 sono l’occasione per riflettere sui temi dell’Europa e su quali siano i nostri interessi in merito agli orizzonti europei. Non vogliamo una gara di popolarità ma vogliamo un’opportunità per il Trentino e per i trentini.
Mario Raffaelli è sì un politico di lungo corso che ha negli anni dimostrato con il suo lavoro, le sue capacità e la sua affidabilità. Nel suo curriculum apprezziamo che è stato attivo come un “cooperatore della pace”, ad esempio fra il 1990 e il 1992 ha rappresentato il governo italiano nelle trattative che hanno portato agli accordi di pace di Roma fra governo del Mozambico e Resistência Nacional Moçambicana. Tra gli altri incarichi, si conta anche quello di presidente della Conferenza di pace per il Nagorno-Karabakh (1992 – 1993), la regione caucasica oggetto di contesa tra Armenia e Azerbaigian. Dicevamo sopra affidabile, aggiungiamo a seguito di ciò preparato e… Ci preme dire Trentino! E’ quindi un candidato del territorio con esperienza sul territorio ma – soprattutto – anche fuori!
Mario Raffaelli ci è sembrato un profilo che potesse coniugare una riflessione sulla geopolitica globale accostandola a quelle che sono le istanze particolari della Montagna, dell’Agricoltura e di quello che è il suo (ed il nostro) Trentino.
Casa Autonomia.eu, per il Trentino, Team K, per l’Alto Adige, ed Azione! come denominatore regionale, hanno trovato un’intesa sui contenuti e la volontà di portare avanti il nome di Raffaelli come fiduciario di istanze globali (sostegno alla Difesa dell’Ucraina, politica industriale comune, politica estera europea strutturata, ecc.) e di istanze particolari legate ai nostri rispettivi territori (grandi carnivori, caratteristiche particolare della montagna come la differenza tra esercizi commerciali ed “esercizi sociali”, alpeggi e l’inquadramento nella politica agricola comune, ecc.).
La convergenza di Casa Autonomia.eu e di Team K sul nome di Mario Raffaelli è un’alleanza regionale ispirata ad un’idea di Europa come una Casa Comune, nata su un’affinità di valori liberal-democratici e con la consapevolezza di voler portare avanti un progetto a doppio binario: uno di istanze globali, temi che riguardano questioni degli Stati Europei, uno di istanze territoriali, legate nello specifico ai nostri territori.
Se per alcuni queste elezioni Europee sono una gara di popolarità per noi invece è la possibilità di portare avanti una certa idea d’Europa ed un progetto legato a degli obiettivi concreti per il nostro sviluppo territoriale.
Per rispondere, in sintesi, alla domanda nel titolo “perchè sosteniamo Mario Raffaelli?”: perché per noi il suo profilo ha i legami con il territorio con le competenze e le conoscenze più idonee per essere europarlamentare e rappresentare noi Trentini nelle sedi europee.
Donna. Protagonista in politica perché siamo nell’anno 2024!
Tra pochi giorni la Regione Trentino – Alto Adige eleggerà i membri del nuovo Consiglio regionale. Da sempre le Commissioni provinciali per le pari opportunità delle Province di Bolzano e Trento sensibilizzano sulla necessità di sostenere attivamente le donne in politica. Nella Regione Trentino – Alto Adige più della metà della popolazione è femminile. Una società democratica vive grazie alla partecipazione delle sue cittadine e dei suoi cittadini. Entrambe le Province non possono permettersi di rinunciare alle capacità e alle competenze delle donne negli organi politici. “I comitati con pari rappresentanza prendono decisioni migliori”, sottolineano le Presidenti della Commissione per la parità di genere di entrambe le Province, Ulrike Oberhammer e Paola Taufer.
Nel Piano d’azione per la parità di genere dell’Alto Adige Æquitas, il principio guida è la “partecipazione”. “Le donne e gli uomini sono rappresentate/i equamente nei comitati politici, partecipano ai processi decisionali su un piano di parità e modellano attivamente la vita politica e sociale”.
Per attuare tutto ciò, è necessaria una forte partecipazione femminile alle elezioni. L’appello di Oberhammer e Taufer è quindi di votare consapevolmente una donna per la Giunta regionale. Solo così sarà possibile garantire che nei prossimi cinque anni tutte le parti della nostra società saranno rappresentate nella Giunta. Il ritorno ad una Giunta regionale senza rappresentanza femminile è inaccettabile, anche e soprattutto perché siamo nell’anno 2024!
Paola Maria Taufer
Presidente CPO Provincia di Trento
Avv.. Ulrike Oberhammer
Presidente CPO Provincia di Bolzano
Arriva il consiglio regionale. È convocato nel giorno di San Valentino. Che sia questa una vera curiosità. Si è scelto il patrono degli innamorati forse per invocarlo a stendere la sua benedizione sulla giunta regionale? Perché a voler raccogliere auspici da ciò che sta accadendo negli esecutivi provinciali, di un po’ d’amore, lì dentro ci sarebbe proprio bisogno. Prese di posizione e liti sono all’ordine del giorno. Spesso anche in maniera irriconoscente. Paradigmatica quella del Patt, in giunta col secondo assessore grazie alle prese di posizione dei fratellisti. Gli stessi che, cinque minuti dopo la sua nomina, l’assessore segretario autonomista dichiarava di voler arginare. Curioso sarà veder poi come verranno gestite posizioni radicali intestine alla maggioranza. A Trento, come per loro tradizione, Cia e Kaswalder continuano a tenere banco. A Bolzano i Freiheitlichen, ad un passo dall’entrare in giunta si alleano coi pasdaran dell’opposizione per tentare un golpe alla regione. La mozione da loro presentata come atto politico di debutto in Consiglio Regionale è alquanto inquietante. Per quanto dimostrativo, racconta che clima si respiri in regione.
È curioso poi leggere di un’ipotesi di gruppo misto regionale formata da membri di opposizione provinciale trentina vera (Degasperi) o più sopita come quella di membri di maggioranza provinciale.
Meno curioso può essere invece l’adempimento ad aderire ad un altri già formati. Si tratta di un atto obbligatorio per quei gruppi consiliari monorappresentati.
Casa Autonomia.eu è senza dubbio uno di questi. Al di là dei tecnicismi regolamentari trova però in Campobase assoluta sintonia. Molti gli elementi di reciproco pensiero politico. Per queste due forze politiche è stato dunque naturale proseguire con le stesse forme di collaborazione stretta che sono già occorse e che ancora avverranno anche a livello territoriale. Arco ne è l’esempio più eclatante. Entrambi i movimenti hanno interesse a mostrarsi vicini e collaborativi. Separati soltanto da pochi elementi di distinguo. Più civici, di estrazione popolare i campobasisiti, più interessati alle tematiche che guardano a nord, con spirito progressista, gli Autonomisti si MCA.eu.
Lo stesso contenitore dunque con la comune matrice democratica popolare.
Con un vantaggio alle spalle. Aver collaborato dal lontano 2008 nelle giunte Dellai e poi Rossi, ottenendo ottimi risultati sul piano politico e amministrativo. È stato un tempo d’oro per gli Autonomisti. Tempo dentro al quale hanno portato a casa i migliori risultati della loro lunga storia politica. La stessa che oggi hanno tradito per molto