Carenza di personale sanitario, non bastano le “pezze” previste dall’Assessorato

Da Paola Demagri

Continua la discussione sulla mancanza di personale all’interno del sistema sanitario trentino. Questa volta si tocca in particolare la mancanza di infermieri, destinata a peggiorare visto il gran numero di pensionamenti previsti e l’attuale fuga all’estero di queste figure fondamentali, in cerca di migliori condizioni lavorative. In questi giorni il Direttore Generale Ruscitti ha annunciato l’apertura di 380 nuovi posti in sei anni per l’Università di Infermieristica, misura che secondo l’Azienda dovrebbe riuscire perlomeno a tamponare il problema.

Non sono però d’accordo . “Dire che aumentare i posti all’Università risolverà il problema vuol dire mentire a sé stessi e alla popolazione. Non è sufficiente, così come non lo è la proposta di offrire affitti agevolati agli infermieri che decidano di trasferirsi negli Ospedali di valle. Ciò di cui abbiamo bisogno è un cambiamento di paradigma che vada a migliorare l’attrattività del nostro sistema sanitario, che negli ultimi anni è crollata”.

Secondo me la questione andrebbe affrontata dal basso, partendo dalla formazione dei ragazzi. Abbiamo bisogno di entrare nelle scuole, ancor prima dell’Università, in modo più potente rispetto a quanto già si fa  con open day ed altre iniziative. Dobbiamo coinvolgere i giovani, spiegare loro quali siano i vari profili sanitari a cui possono aspirare, ma soprattutto farli sentire partecipi e protagonisti nel tenere in vita il loro sistema sanitario pubblico e i loro Ospedali, soprattutto nelle  Valli”.

“Per fare questo va migliorata l’offerta formativa anche all’interno degli stessi Ospedali di valle, in modo che i ragazzi li possano percepire come ambienti desiderabili e all’avanguardia, dove specializzarsi e migliorare la propria professionalità. Ed è proprio qui che pecca il ragionamento dell’Apss: bisogna riuscire a rendere attrattivo l’Ospedale ancor prima che il giovane si affacci al mondo sanitario. Devo dirglielo prima e, soprattutto, devo potergli offrire la prospettiva di una carriera stimolante e gratificante a prescindere dalla struttura in cui presterà servizio, sia questa un polo più centrale come possono essere Trento o Rovereto, oppure un Ospedale più periferico”.

“Un esempio di miglioria che può essere apportata alle strutture di valle è per esempio il servizio di foresteria. Al momento infatti i posti sono pochissimi e si riempiono subito. Sarebbe quindi auspicabile aumentarli, in modo da poter offrire agli studenti, medici o infermieri che siano, di poter trascorrere il proprio periodo di tirocinio nella struttura desiderata, senza preoccuparsi di doversi fare carico dei costi di alloggio o del trasporto fino al luogo di lavoro”.

“Inoltre, va fatto un ragionamento sulla conciliazione della vita lavorativa con quella personale. Una questione che non riguarda solo gli infermieri, ma tutto il personale sanitario, compresi amministrativi e oss. Infatti solo grazie allo sforzo di tutto il personale, che ha lavorato instancabilmente, siamo riusciti a superare l’emergenza Covid. Il problema è che ora gli sforzi fatti in un periodo di straordinaria urgenza e difficoltà vengono dati per scontati e richiesti quotidianamente, senza avere un occhio di riguardo per la vita personale dei lavoratori, che spesso e volentieri si trovano schiacciati dal peso delle proprie responsabilità. Banalmente, per il mondo infermieristico sono diventate più attrattive le Rsa, dove si trovano soluzioni di conciliazione più vantaggiose e flessibili, al contrario che in Azienda, dove ci si trova da subito incasellati in una matrice rigida e inamovibile”.

“Conciliazione, soddisfazione e possibilità di sviluppo. Sono questi i grandi elementi su cui lavora. Ma per ottenere i risultati auspicati serve una vera riorganizzazione del sistema, che sicuramente non è quella, puramente di facciata, tanto voluta dall’attuale Governo Provinciale”.