Sì al direttore assistenziale, ma non si alimenti il conflitto tra le professioni della salute

Da Paola Demagri

Negli ultimi giorni ha fatto discutere il disegno di legge del consigliere Cia per integrare nel Consiglio di direzione dell’APSS la figura del direttore assistenziale. La proposta, seppur mal formulata, resta condivisibile nelle finalità generali. Dispiace constatare che l’ipotesi di istituire un direttore assistenziale abbia immediatamente prodotto l’arroccamento da parte di APSS e della professione medica, al quale ha fatto seguito una reazione scomposta del consigliere Cia (primari professoroni e casta dei baroni), che rischia di passare anch’essa per corporativa e di alimentare un conflitto interprofessionale, del quale – specialmente in questo momento di profonda crisi dei sistemi sanitari – non si sente assolutamente il bisogno.

Alla base della divergenze emerse riteniamo vi sia un fraintendimento di fondo, frutto del modo in cui il ddl declina il ruolo del direttore assistenziale come colui che sovraintende e dirige le professioni sanitarie. Ruolo definito in modo asimmetrico rispetto a quello degli altri componenti del Consiglio di direzione, che non governano professioni ma sovraintendono a processi strategici. In sostanza crediamo che il focus del ragionamento vada spostato dalla gestione dei professionisti (che è una funzione, certo, ma subordinata) al governo dei processi assistenziali.

Il tema nodale è questo: oggi, con la sempre maggiore complessità dei bisogni di salute, il moltiplicarsi delle risposte erogabili e dei modelli organizzativi per farlo, ha senso inserire nella direzione strategica delle aziende sanitarie una figura autonoma dalla direzione sanitaria che diriga e orienti i processi assistenziali? A nostro avviso sì, proprio perché i processi assistenziali hanno una dimensione particolarmente rilevante nei sistemi sanitari. Una dimensione che si declina nella vasta gamma di interventi preventivi, curativi e riabilitativi di natura assistenziale, nella scelta dei modelli di presa in carico e di continuità, nei diversi approcci organizzativi, negli interventi d’iniziativa e comunitari e nella gestione autonoma di strutture assistenziali a bassa intensità di cura (aree queste ultime in fase di sviluppo a seguito del DM 77/2022). 

Proprio perché questo è il nostro pensiero, crediamo che la proposta di istituire la figura di un direttore assistenziale in APSS, vada salvaguardata, anche se declinata come area specifica di responsabilità, a forte integrazione con la direzione sanitaria, poiché entrambe concorrono a garantire i migliori esiti di salute per la popolazione. Ecco perché, nell’ottica di definire meglio le funzioni del direttore assistenziale e la stretta integrazione con quello sanitario, presenteremo degli emendamenti al ddl di Cia. 

Che la figura del direttore assistenziale possa avere un suo ruolo nella direzione strategica, non lo pensiamo solo noi. Prova ne è il fatto che anche in Emilia Romagna, con una legge di iniziativa della Giunta Bonaccini, è stata istituita questa figura. I sistemi sanitari d’altronde evolvono e come qualche anno fa si è integrato il direttore dell’integrazione socio-sanitaria nel Consiglio di direzione, per governare un aspetto delicatissimo e sempre più significativo della presa in carico dell’utenza, crediamo che oggi i tempi siano maturi per un’ulteriore evoluzione della governance della nostra Azienda sanitaria, finalizzata a riconoscere il ruolo che i processi assistenziali giocano nell’ecosistema della salute. Invece di alimentare anacronistiche conflittualità tra professioni, che rischiano solo di peggiorare ulteriormente la condizione lavorativa dei già scarsi professionisti della salute e, a cascata, il servizio offerto ai cittadini, si punti a un lavoro di squadra, anche ai vertici dell’Azienda, per alzare nuovamente l’asticella della qualità all’interno dell’APSS.

E soprattutto Cia e Segnana non trasformino la questione del direttore assistenziale nell’ennesimo terreno di scontro elettorale tra Fratelli d’Italia e Lega. Alla sanità Trentina serve ben altro.”