Le culle sono vuote e il Trentino invecchia

Da Paola Demagri

Il tema della denatalità rappresenta una delle cartine di tornasole delle dinamiche sociali ed economiche dell’era contemporanea.  il problema della bassa natalità è molto sentito dall’opinione pubblica che ritiene una questione importante per il futuro del nostro paese.

Le dimensioni del problema ci conducono subito a riflettere sul tipo di incidenza dal punto di vista sociale ed umana. Per esempio sui modelli di lavoro, sulla dimensione dei servizi, sulla disposizione delle famiglie, sulle forme di sostegno economico per la natalità e in generale sulle dinamiche delle scelte politiche del nostro paese. E’ plausibile che la bassa natalità si riduca ulteriormente anche a seguito dell’aumentata incertezza sul futuro. 

Il tema lavoro, l’occupazione giovanile, le politiche giovanili, la carenza di servizi di conciliazione, i bassi redditi e il basso tasso di occupazione femminile sono elementi indicativi per un’analisi da qui ai prossimi 30 anni. 

In provincia di Trento tra il 2010 e il 2020 si sono avuti 1500 nati in meno. I fattori riguardano sicuramente la riduzione delle potenziali madri, la crescita di donne senza figli e la crisi della nuzialità. L’università di Trento ipotizza che entro tre lustri gli studenti frequentanti le scuole superiori trentine si ridurranno di oltre un quarto è più avanti si ridurranno gli ingressi nel mondo del lavoro.

Il Trentino è quindi entrato in un crollo demografico irreversibile? Potrebbe tutto ciò causare un’ instabilità economica?

Quali scelte può fare la politica?

In provincia di Trento qualcosa si è fatto per favorire l’incremento delle nascite ma a quanto pare non è ancora sufficiente a dare garanzie di un innalzamento significativo. Non basta staccare gli assegni di natalità per i primi tre anni del bambino o contribuire per abbattere le spese dell’asilo nido o dei trasporti o per la pratica dello Sport. Non basta promettere l’apertura dei Punti Nascita negli Ospedali di Valle. 

Si è dimostrato che a lungo tempo questi strumenti non sono sufficienti a riempire le culle. Gli interventi devono innanzitutto essere estesi per molti più anni; si potrebbe invece  garantire l’aspettativa retribuita ai genitori per un periodo più lungo degli attuali sei mesi facoltativi. Il Trentino ha bisogno di individuare strumenti nuovi che consentano alle famiglie di vivere in un contesto armonico tra la gestione familiare, lavorativa e il tempo. Le politiche della casa che sono state sostanzialmente abbandonate dall’attuale  Governo provinciale devono essere recuperate e messe a disposizione delle giovani coppie. 

In aula nel mese di luglio si voterà la variazione di Bilancio e il PATT cercherà di indirizzare questa Giunta a considerare le Politiche per la casa , come valido strumento per far fronte al problema della denatalità.

Se le culla rimangono vuote e il Trentino invecchia un’altra alternativa potrà essere l’immigrazione? Una considerazione seria sulla questione va fatta tenendo lontani pregiudizi, strumentalizzazioni e ideologie divisive. Come ogni questione che riguardi il sistema sociale del nostro Trentino anche l’immigrazione , a parer mio, va favorita e gestita , secondo canoni chiari e rispondenti al pensiero comune che da sempre hanno contraddistinto i trentini come persone inclusive, solidali e favorenti la collaborazione.

Anche se le famiglie ripartissero a gonfie vele a fare figli, servirebbero almeno vent anni prima che i nuovi nati possano diventare lavoratori.