S.O.S. Sanità Trentina – Direttori cercasi

Da Paola Demagri

Ospito oggi il contributo di Federico , un giovane medico che spera in un futuro fatto di crescita professionale e possibilità di carriera

Questo non è certo un periodo particolarmente facile per la sanità, sia a livello nazionale che locale. Ma forse noi, in Trentino, terra autonoma, dovremmo riuscire a fare di più e meglio. Questo è il quesito che attanaglia le menti di medici e cittadini, che non sanno spiegarsi perché la nostra Apss (Azienda Provinciale per Servizi Sanitari) sembra essere rapidamente scaduta da eccellenza a mediocrità trentina.

Ebbene, seppur sia vero che la classe medica sta attraversando ovunque un periodo di transizione delicato, in cui una vecchia generazione sta lasciando il timone e una nuova sta tentando a fatica di prenderlo, è altrettanto vero che chi attualmente governa il nostro sistema sanitario provinciale non manifesta certo quelle capacità organizzative che sarebbero invece d’uopo a chi è chiamato a svolgere determinati compiti. Ciò è reso evidente, per esempio, da come viene gestita la sostituzione dei primari, fondamentali per garantire il funzionamento dei differenti servizi.

Ma che cosa accade quando un’unità operativa rimane senza primario?

Come cambia il modo di lavorare e di rapportarsi con il mondo della politica, con i problemi amministrativi ed economici per un reparto che rimane senza guida? Queste sono domande che racchiudono in sé un’enorme problematica che si sta manifestando nella nostra provincia e che sottolinea, giova ribadirlo, se ancora ve ne fosse necessità, l’incapacità e l’impreparazione di chi attualmente dovrebbe garantire il buon funzionamento dell’Apss.

Il Direttore di struttura complessa, comunemente detto primario, è colei/colui che detta le linee guida del reparto, stabilisce gli obiettivi da raggiungere durante l’anno, tiene il conto delle prestazioni erogate ed ha una visione, per così dire “aerea” dello stesso. Cioè ha il privilegio di osservare il suo reparto e l’ospedale dall’alto, nel suo insieme, così da poterne individuare criticità e mancanze, in modo da proporre correttivi e miglioramenti. Un compito organizzativo arduo, che spesso si scontra con le problematiche economiche e le convenienze politiche ma che è fondamentale per mettere in comunicazione il mondo clinico con quello più squisitamente amministrativo. Rappresenta dunque un punto di raccordo di fondamentale importanza, una figura imprescindibile sia per i suoi aspetti amministrativi, sia per quelli sanitari, che comunque mantiene, lavorando a stretto contatto con i colleghi impegnati nella clinica quotidiana e da cui raccoglie osservazioni e istanze da evidenziare a chi di dovere.

Non sono inoltre di secondo piano gli aspetti riguardanti le competenze e con esse, le responsabilità che il Primario assume in quanto guida del reparto. Nella medicina moderna il lavoro di gruppo, o d’equipe, è fondamentale, ed esso, per poter funzionare adeguatamente ha assoluta necessità di una chiara gerarchia che identifichi i poteri e le professionalità, definendone le competenze e le mansioni. Ecco quindi che il reparto per così dire “decapitato”, non può più offrire a chi lavora nell’Unità Operativa, quella tranquillità professionale inderogabile per promuovere la serenità del personale sanitario, inteso in senso lato, che è ivi impiegato.

Dirette conseguenze sono quindi l’abbandono della struttura ospedaliera da parte del lavoratore e la mancanza di attrattività della stessa per i sostituti, spesso giovani e pertanto attenti nella ricerca di un ospedale che sappia garantire sia possibilità di carriera, sia l’individuazione di una chiara persona esperta, che funga da riferimento nella complessa professione medica.

Perchè il Primario ha un ruolo centrale?

Il Primario è infatti, in sostanza, un collega che racchiude in sé, per merito ed esperienza, quelle competenze tecniche ed amministrative che lo rendono insostituibile e non altrimenti rappresentabile, nella gestione dell’unità operativa, che deve essere efficiente e organizzata per fornire un adeguato servizio alla popolazione, che sappia quindi far fronte a quello che si potrebbe definire il “bisogno di salute” della cittadinanza, che a quel reparto e a quell’ospedale fa riferimento.

Per quanto scritto appare quindi un errore particolarmente grave temporeggiare sulla nomina dei Primari lasciando i reparti in balia di se stessi, o ricorrere con troppa facilità al cosiddetto primariato “a scavalco” in cui un Direttore diviene capo di due reparti, senza poter garantire la propria presenza costante e necessaria.

Come si è detto una riflessione è anche da farsi sulla mancanza di professionisti sanitari sul nostro territorio, che, per certi versi è dovuta anche a questa incapacità da parte dei governanti nelle nomine dei Direttori. Non è infatti sufficiente essere una provincia autonoma e, se è vero, garantire degli stipendi base più alti. Fondamentale è anche offrire una crescita professionale e possibilità di carriera, aspetti questi, che contemplano sicuramente anche la creazione di un ambiente lavorativo stimolante e sereno, per essere attrattivi e per poter generare a loro volta professionalità di livello sempre maggiore e aumentare così la qualità del Sistema Sanitario Provinciale.

Sono convinto che la storia sia fatta di cicli, talvolta facili, gioiosi, talvolta più ostici, carichi di problematiche e dunque necessitanti di nuovi stimoli. Le più grandi soddisfazioni, soprattutto dal punto di vista professionale, si raggiungono dopo i lavori più difficili e intensi, dopo i periodi più bui.

Per superare i quali è d’obbligo prendere decisioni difficili, ma imprescindibili per garantire poi il futuro dell’oggetto in questione, in questo caso l’Apss, azzerando i vertici e con essi le linee di indirizzo sin ora adottate ed evidentemente non più adeguate, per mettere un punto, riflettere, e andare a capo.

Federico Busetti